A mezz’aria tra due patrie
Non abbiamo più neanche il coraggio di sognare,
neanche il coraggio di volare,
perché qualcuno ci ha preso tutto, il corpo e l’anima,
le braccia e la mente e pure le impronte.
Ma quale vita, quali sacrifici meritano di essere vissuti
sempre sui bordi di uno scoglio,
sempre a mezz’aria tra i nostri sogni e questa realtà?
Guardate, guardate le nostre scarpe
come sono sporche della polvere di tanti paesi.
Guardate, guardate le nostre facce
come sono diverse e colorate!
Non abbiamo più neanche il coraggio
di ridere o piangere insieme.
Tristi e smarriti su strade che non sono le nostre,
dentro i destini che non vogliamo, ma subiamo.
“Io essere bravo signore…
io avere documenti in regola signore…
io non rubare signore…
io lavorare e basta signore…
sì signore… sì signore…”
Oh Signore!
Ma quale io, non c’è più, non esiste più il nostro io,
è rimasto inchiodato nel passato, nei ricordi
che piano piano svaniscono
inghiottiti da tutta questa nebbia.
Guardate, guardate come sono sottili le nostre vite,
quasi ve le potete infilare nelle tasche
e tirarle fuori soltanto nel momento del bisogno,
per pulirvi le mani o soffiarvi il naso,
o chissà, se per caso vi manca la carta igienica…
Che noia il ticchettare monotono del tempo
quando sconfitti dalla vita e con la testa china
girovaghiamo sulle vostre strade, nelle vostre città,
e vi vogliamo bene, magari non per amore
ma per non odiarvi.
Che noia questo ticchettare monotono del tempo,
e peggio ancora quando non si ha un senso di marcia,
quando non si conosce il punto d’arrivo,
ma soltanto la strada, tortuosa e sempre, sempre in salita.
Guardate, guardate signori, negli occhi dei migranti
luccicano le vostre lacrime, signori.
Viorel Boldis
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