A Plovdiv da venti giorni, ecco le novità

A Plovdiv da venti giorni, panorama notturno

Ed eccomi ancora a raccontare quello che succede qui, dato che, ormai, mi trovo a Plovdiv da venti giorni.

Un nuovo appuntamento: ci credereste che sono a Plovdiv già da venti giorni? A me sembra impossibile, ma è così. Ebbene, squillino le trombe, rullino i tamburi, ecco a voi la grande notizia…

Plovdiv, street art

Signori e signore, anche se vi sembrerà impossibile, ho sconfitto il Database in cirillico ed ora faccio tranquillamente l’inserimento dei libri italiani (o in lingua italiana), utilizzando il programma.

I’m so proud of myself!  Sì, orgogliosa di me stessa!!!

Parentesi… Per ora, non chiedetemi, per favore, come va con l’inglese… Almeno per qualche giorno, lasciatemi con il mio orgoglio ;-)

Le immagini che accompagnano l’articolo sono opere di street art che ho trovato in un sottopassaggio per pedoni.

 

Vorrei continuare in modo un po’ easy, raccontandovi quello che c’è di diverso rispetto all’Italia.

Quando ci si trova in un altro Paese, alcune caratteristiche si notano prima, alcune sono piccole cose, altre sono complesse e profonde.

Per esempio una cosa che in questi giorni mi ha scombinato è stato il modo in cui i bulgari scuotono il capo: io dicevo una cosa (tipo: “Sto andando a casa”) e la mia collega scuoteva il capo come facciamo noi quando qualcosa è strano, o non siamo d’accordo perché non lo troviamo corretto: sapete quel movimento della testa da destra a sinistra e da sinistra a destra. Mah, mi dicevo, cosa ci sarà che non va in quello che ho detto? Dopo un po’, però, mi sono ricordata che prima di partire mi avevano avvisata di questo: quello scuotimento del capo, in realtà, significa “sì, va bene”. Cioè i bulgari per dire sì, scuotono la testa come noi quando non siamo d’accordo e, per dire no, fanno il gesto che è il nostro sì, ma che per loro è no. Quindi anche la leggenda che, a gesti, si può girare il mondo senza problemi perché tanto tutti capiscono, ha ricevuto un’altra batosta.

 

Street art in un sottopassaggio di Plovdiv

 

Un’altra cosa strana è la mancanza di tapparelle o balconi alle finestre: ci sono solo le tende. Non mi pare che ci si preoccupi dei ladri. D’altra parte, non è che i bulgari nuotino nell’oro…

È consuetudine comprare e consumare cibo per strada: ogni due passi c’è un botteghino che vende kebab, pizze in trancio, pollo fritto, riso e molto altro; io ho scoperto, vicino alla biblioteca, un locale molto interessante e trafficato, dove per pochissimo davvero si possono mangiare delle ottime zuppe (spinach soupe, potatoes soupe, tomatoes soupe; and, also, do you want some bread?) con crostini di pane per un costo in euro pari a 1,20 €. D’altro canto, se pensiamo che uno stipendio difficilmente arriva a 400 €, forse riusciamo a capire anche i prezzi, che sono bassi solo per i nostri portafogli e non per quelli dei bulgari…

Piccolo aneddoto: come avrete capito, il bulgaro è per me piuttosto ostico; sono stata quindi molto felice il giorno in cui sono riuscita contemporaneamente a:

ricordare la parola, pensarla, decidere il momento giusto in cui dirla e, infine, dirla.

La parola in questione è: Dobardén, corrispondente al nostro buongiorno; tutto ok, quindi, io mi aspettavo un largo sorriso, di quelli che si fanno ai turisti per dirgli: “Oh, che gentile, grazie che stai tentando di capire la nostra lingua anche se è così difficile, e poi si scrive in modo diverso dal latino, lo so, ma tu sei tanto brava. Grazie, grazie, fossero tutti come te. ecc. ecc.” E invece mi sento rispondere dal giovanotto che abita nell’appartamento al piano di sopra: “Sorry, but I speak only English“. Mi sarei rotolata dalle risate! Ma vi rendete conto? Per una volta che sono riuscita a fare tutto giusto ed i neuroni non mi hanno tradita, becco l’unico in tutta Plovdiv che non sa ancora che dobardén vuol dire Buongiorno? L’ho raccontato alle mie colleghe in ufficio e stanno ancora ridendo (sono passate due settimane ormai).

Poi però il giovanotto, quando gli ho detto che in realtà sono italiana, mi ha confidato di aver sempre desiderato di imparare l’italiano, ma di non averne il tempo. Appena lo rivedo gli propongo un equo scambio

I speak English with you, and you correct my mistakes. In return I’ll teach to you a bit of Italian. Are you interested in it?”.

Bene, per oggi è tutto, but stay connected with my blog and my facebook page, because a lot of things are going to happen…

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