Adama è libera

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cie adama botte

Ricordate Adama? Se n’era parlato nel giorno dedicato alle donne vittime di violenza. Lei aveva denunciato le violenze del compagno ai carabinieri che, da bravi esecutori della legge sull’immigrazione, l’avevano controdenunciata per essere irregolarmente presente nel territorio dello Stato e portata nel CIE di Bologna.

In seguito alla campagna di pressione di varie associazioni umanitarie (fra cui Migranda), e dopo vari rimpalli fra questura e procura (la questura ha stabilito che doveva pronunciarsi la procura), è intervenuta anche la ministra dell’Interno, permettendo alla procura di effettuare una rapida e scrupolosa verifica delle condizioni previste dalla legge.

Il risultato? Si è “scoperto” che, nella legge sull’immigrazione, esiste l’articolo 18 che prevede il rilascio di un permesso di soggiorno di protezione sociale per tutte le persone sottoposte a violenza o sfruttamento. La persona deve seguire un programma di protezione particolare; viene infatti allontanata dal suo domicilio abituale e accompagnata in un luogo segreto, dove potrà ricominciare una vita normale attraverso un percorso di sostegno socio-lavorativo curato da apposite organizzazioni.

Il compagno di Adama la vessava da quattro anni, usando il suo ingresso irregolare per continuare a perpetrare la sua violenza. Dopo che in agosto,presa a coltellate, Adama è riuscita a sporgere denuncia, è finita nel CIE. Ha potuto vedere un avvocato soltanto il 24 ottobre.

 Alcune considerazioni finali:

1) l’estrema difficoltà degli organi preposti nell’applicare la legge; l’articolo 18 esiste dal 1998 eppure è attuato meno di quanto si dovrebbe – non solo a favore delle donne vittime di violenza, ma anche dei lavoratori sfruttati dal datore di lavoro;

2) il fatto che sia intervenuta la ministra dell’interno (è da sottolineare il fatto che si tratta di una donna; cosa avrebbe fatto Maroni?). Quanti casi di soprusi non hanno il lieto fine solo perché l’amministrazione pubblica non ha il coraggio di andare fino in fondo nella tutela dei più deboli? Difficilmente il ministro dell’interno potrà intervenire sempre, e allora? Cosa faranno tutte le altre persone deboli e indifese in balia di persone violente?

E finché continueremo ad avere pubblicità di questo tipo, difficilmente attueremo completamente il cambiamento culturale necessario a porre fine alla violenza nei confronti delle donne.

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