Andrea Vianello, recensione del libro: “Ogni parola che sapevo”
Andrea Vianello ha scritto questo libro per raccontare la sua esperienza con l’ischemia cerebrale che lo ha colpito nel 2019 a causa della quale, per molto tempo, non è stato in grado di parlare.
Immaginatevi un sabato mattina mentre fate colazione a letto, con tanta calma. Tutt’a un tratto la vostra mano diventa qualcosa di estraneo, un oggetto che non vi appartiene più, che si muove per conto suo. Dopo un po’ vi sembra di cadere e chiamate vostra moglie “Francesca, aiuto!“, ma quello che lei sente è:”Megpdeiigriaa!”. Lei vi porta all’ospedale e i medici vi operano.
Così comincia il libro in cui il famoso conduttore televisivo e giornalista Andrea Vianello, racconta la storia del suo ictus e del percorso fatto per guarire.
Le prime ore, dopo, sono ore ubriache.
C’è Francesca, c’è il neon sul soffitto, ci sono gli infermieri dietro il vetro, ci sono i volti sbucati dietro la porta di Stefano e Giovanni, i miei amici di Rai Tre, che chissà come sono entrati. La mano destra non si muove, ciondola sul fianco, è la mano di un manichino, eppure ho una strana euforia: ce l’ho fatta, dice una parte di me, una detestabile vocina sghignazzante, ce l’ho fatta.
La vocina dentro, perché fuori la voce invece è un disastro.
Non riesco a parlare, è chiaro e va bene, non provare a parlare più, lascia perdere, meglio non agitarti, dice la vocina interiore, è solo una questione di tempo, dopo ogni cosa tornerà come prima. Ma al momento è tutto confuso. Francesca mi tranquillizza, l’espressione dei suoi occhi è sollevata e insieme preoccupata. qualcosa dico, spezzoni di frasi, tronconi di parole, il resto è una marmellata di suoni, una macedonia di sillabe, pezzi di un puzzle buttati alla rinfusa.
Un ictus, o meglio, un’ischemia cerebrale causata forse, gli diranno in seguito i medici, da una manipolazione troppo violenta da parte di un osteopata a cui si era rivolto per dei dolori cervicali. Grazie alla tempestività della moglie e alla bravura dei medici incontrati, tutto si risolve per il meglio e Andrea Vianello “è vivo“, come gli farà notare il suo medico.
Quello che però sembra aver perduto sono le parole: quelle parole che nella sua testa sono chiare e cristalline, quando escono dalla bocca diventano dei suoni incomprensibili. Non riesce a scrivere nè a contare; non riesce a dire il nome dei figli e della moglie. Sarà sottoposto a una serie lunghissima di sedute di logopedia per re-imparare a parlare. Ma non molla, continua a combattere per riconquistare quelle parole che sono la vita per un giornalista televisivo.
Confesso di essere rimasta molto colpita e sorpresa da come l’autore si sia raccontato in modo trasparente, parlando della sua adolescenza di “ragazzo cicciottello che non voleva sorridere più per non mostrare i denti“, e della vocina molesta che gli dice
eri sempre incazzato, pieno di rancori, rimpianti, notti insonni, tradimenti subiti, ingiustizie, insoddisfazioni, voglia di riscatto, che vita era? Meglio così.
La storia di Andrea Vianello mi ha ricordato un bellissimo romanzo di Marcela Serrano: “Il tempo di Blanca“, la cui protagonista, in seguito a un ictus è divenuta afasica e non riesce a dire neppure una parola. Due storie che parlano della stessa malattia, della stessa frustrazione nel non vedersi capiti, completamente diverse, e contemporaneamente simili.
Andrea Vianello, non si è limitato a lottare pervicacemente per recuperare le parole perdute, ma è andato più in là, cominciando a scrivere la sua esperienza, facendo errori su errori. Scrivendo e riscrivendo, perché l’ictus e le emorragie cerebrali devono essere conosciute, devono perdere l’alone di paura che le ammanta, perché non è detto che siano la fine di tutto.
E lui è lì a testimoniarlo. Buona lettura!
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