Sulla bambina che non è stata rapita
A proposito della bambina che non era stata rapita, ma era in affido… Ieri se n’è occupato il programma della Rai: “Chi l’ha visto?”.
Queste sono le dichiarazioni dell’Archivio Antifascista dopo aver visto la trasmissione:
Come cominciò nella Germania nazista, la persecuzione degli antisociali e degli ebrei è cosa nota: a fare da apripista ai roghi degli squadristi in camicia bruna nonché alle misure poliziesche di regime fu la stampa nazionale che, dando grande risalto a fatti di cronaca nera, per anni mestò letteralmente nel torbido per costruire l’immagine dei parassiti subumani e degli estranei alla comunità che minacciavano la sana società germanica e la razza ariana.
Ebbene, ieri 23 ottobre 2013, su RaiTre, nel corso del programma “Chi l’ha visto?”, è andata in onda una puntata che sembrava confezionata direttamente negli uffici del dr. Goebbels, con cui – esattamente come negli anni Trenta – si è offerta sotto la veste di servizio pubblico un’operazione di autentica mistificazione razzista nei confronti del popolo rom.
Il pretesto, davvero ghiotto, è stata la vicenda della bambina bionda scoperta in una comunità rom in Grecia e immediatamente considerata “rapita” dalla famiglia che la ospitava. I media internazionali, senza alcun riguardo né per i diritti della bambina, né verso i diritti più elementari, si sono infatti subito scatenati contro i genitori adottivi, immediatamente sbattuti in galera e presentati come criminali, con tanto di foto segnaletiche, e gli “zingari” in generale, riproposti per l’ennesima volta come soggetti senza scrupoli, dediti al sequestro, allo sfruttamento, alla violenza contro i bambini e le donne.
La stessa leggenda che continua ad alimentare i pogrom e i provvedimenti antigitani, dall’Ungheria a Ponticelli, dalla Francia a Torino, nonostante gli allarmanti rapporti annuali delle associazioni internazionali che si occupano di diritti umani e di minoranze discriminate.
La storia televisiva, la regia e la conduzione di “Chi l’ha visto?” non sono certamente riconducibili a settori neonazisti o alla xenofobia leghista e grillina, ma il risultato è stato forse proprio per questo ancora più grave e colpevole, dal momento che alle dichiarate buone intenzioni e alla falsa coscienza democratica, è stata fatta seguire una quantità di stereotipi senza fondamento degni della “Difesa della razza”, mistificazioni a senso unico dei fatti e allusioni criminalizzanti, non meno gravi di chi incendia vigliaccamente i cosiddetti “campi nomadi” o aggredisce l’inerme mendicante per strada, oppure sparge veleno e ignoranza nel web attraverso la viltà asettica di una tastiera.
Per rafforzare e rendere autorevole l’impianto persecutorio, con un’ipocrisia davvero rara, si è quindi dato spazio alle dichiarazioni di poliziotti e inquietanti esponenti di un’associazione che “si occupa del problema”, senza un barlume di atteggiamento critico e deontologia professionale da parte della nota “giornalista” conduttrice, rispetto ad affermazioni indecenti e naziste come quella secondo cui la bambina sarebbe stata venduta ai rom “per migliorare il loro sangue, e quindi la loro razza”.
Un’affermazione persino paradossale, se si riflette un attimo che, proprio in nome della razza, gli “zingari” furono sterminati nei lager del porrajmos e continuano ad essere vittime di infinite “pulizie etniche”.
In un momento in cui, sale una vera e propria caccia alle streghe contro i cittadini rom e sinti in Europa, “Chi l’ha visto?” in questo modo si è assunto una pesante responsabilità morale, soltanto per alzare l’audience e risultare gradito ad una maggioranza di divertiti spettatori, complici di una nuova offesa all’umanità e all’intelligenza, pronti a combattere i più poveri e i gruppi meno difesi dalle leggi statali, in nome di un ordine di cui abbiamo già conosciuto gli esiti.
Tutti e tutte coloro che, per etica personale o pratica solidale, da anni si battono, quotidianamente, per il superamento di ogni discriminazione, non possono che rivoltarsi contro simile orrore spettacolare, per di più veicolato dalla televisione pubblica, e i meccanismi politici dell’intolleranza e dell’odio razziale che certa informazione giustifica e istiga impunemente.
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