1990
È seduto di fronte a me su una sedia, sorseggia lentamente una birra; lo osservo, non è cambiato: capelli incolti, barba di almeno una settimana, maglia e pantaloni fuori moda; è arrivato bussando ad una finestra, vuole un resoconto delle vacanze; parlando però si scopre più di quanto abbia mai fatto finora: è stanco, sfiduciato, non ha più nulla in cui credere e sperare, ora che anche il partito l’ha tradito ora che anche loro hanno abbracciato il consumismo.
“Non ho problemi – dice – se il lavoro va male, mi imbarco in una nave e giro il mondo, io me lo posso permettere: non ho famiglia da mantenere, non ho figli, moglie… (c’è del rimpianto inconsapevole in questo suo sbandierare la propria libertà di gestirsi la vita); non accetto la presunta libertà che mi offre questa società civile, libertà che si riduce a poter, anzi dover spendere sempre di più per mantenere in piedi un sistema economico basato sul consumo; cosa mi importa se qui stiamo bene, se il nostro benessere lo viviamo sulla pelle di quelli che stanno dall’altra parte a morire di fame per noi…
Santi che pagano il mio pranzo non ce n’è
e la mia casa è Piazza Grande.
A modo mio quello che sono l’ho voluto io
ma la mia vita non la cambierò mai…
E se non ci sarà più gente come me,
voglio morire in Piazza Grande
vicino ai gatti che non han padrone come me
attorno a me”
Mi guarda sorridendo e se ne va.
Dopo cinque anni…
1995
Sono arrivato in questo paese da poche ore e sono già riuscito a sconvolgerne la vita sonnacchiosa. Mi sono buttato per terra sotto un portico artistico con colonne di marmo intarsiato. Intorno a me occhiate di disapprovazione: mi accorgo di essere una nota stonata qui. Ho solo una busta di carta (la plastica inquina) con un paio di mele prese in prestito in uno di quei supermercati di lusso pieni di cose esotiche, con tante luci e tanti prodotti inutili che la gente compra sempre in quantità superiore al necessario perché “non si sa mai”, e poi ci sono gli omaggi nelle confezioni e i punti premio: più compri, più aumentano i punti.
Ho fame, così decido di far fuori le mele sotto gli occhi curiosi di un paio di ragazzini; ormai sono abituato a questi esami che non mi fanno più paura: li sostengo a testa alta da anni. Mi rilasso sopra questa pietra fredda e dura e assaporo il mio pranzo ad occhi chiusi: davanti a me alberi fioriti stendono i propri rami al calore del sole e penso alla fortuna che ho di mangiare queste buone mele; grazie a Chi mi permette di provare questa gioia!
“Non andargli vicino! Avrà sicuramente i pidocchi e chissà cos’altro ancora; e poi, senti come puzza!”.
Cado di colpo dal mio paradiso – era la mamma di un bambino, se lo trascina via, lui vorrebbe restare, continua a voltarsi… Gli strizzo l’occhio, tornerà io lo so, ai bambini piacciono le mie storie.
Però quella faccenda della puzza non mi va giù: io so di avere addosso un odore forte e particolare, fuori dal comune: è il sedimento di tutti i luoghi meravigliosi che ho visitato: l’odore salmastro del mare, albe e tramonti all’aria aperta che si susseguono senza posa, boschi fitti e incontaminati, picchi vertiginosi, terra bruna dove rotolarsi, erba verde e tenera dove dormire, fiori profumati e vento che porta con se aliti lontani, e lampi, tuoni, pioggia, grandine e neve. Ho raccolto avidamente tutto ciò che la natura mi ha voluto donare e me ne sono inebriato fino a dimenticare me stesso.
Ma in me si sono depositati anche odori tristi che parlano di morte e violenza, di bambini seviziati, affamati, uccisi; odore del sangue di torture inimmaginabili; odore dell’odio degli uomini verso i propri simili – specie se la pensano diversamente – odore di denaro che compra le coscienze e chiude gli occhi davanti alla corruzione e all’ingiustizia…
Forse è questo che dà fastidio: la gente si riconosce nel mio odore e non accetta di vedersi scoperta dopo tutta la fatica fatta per nascondere il puzzo di marcio.
E allora quello che puzza sono io che non ho accettato di vivere secondo le regole civili – io, che non ho casa, amici, soldi, io che ho solo la mia libertà; presto verranno a prendermi, mi metteranno al fresco, crederanno di avermi piegato alle loro leggi folli con due manette e qualche sbarra. Che illusi! Il mio cuore è libero da qualsiasi legame e se ne andrà lontano, nei posti che ho visto; lo farò riposare vicino a quei bambini dal ventre gonfio: solo con loro, vicino a quelle testimonianze viventi della follia degli uomini, mi sono sentito veramente libero e uomo, padrone di me stesso e della mia vita.
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