Basta speculare sui morti
La lista L’Altro Veneto. Ora Possiamo! ha emesso un comunicato sulla vergogna dei morti nel Mediterraneo. Lo potete leggere qui sotto. Cerchiamo di dimostrare che il Veneto non è solo la regione di chi sa soltanto dire no ed alzare muri, ma anche di chi sa essere solidale e partecipe.
IL VENETO CHE VOGLIAMO
UNA STORIA DI DIRITTI E BENI COMUNI
CHE POSSIAMO REALIZZARE INSIEME
FINIAMOLA CON LE SPECULAZIONI SULLE MORTI NEL MEDITERRANEO!
Non si può piangere ad ogni tragedia, rimanendo poi sempre e solo a guardare, in attesa della successiva.
Riteniamo che siano necessarie proposte operative immediate.
Il governo italiano si faccia carico del coordinamento, dell’accoglienza, del pattugliamento e del soccorso navale.
Presenti il conto della spesa all’Unione Europea, smettendo di versarle i contributi se non viene saldato.
Si deve introdurre il visto per ricerca di lavoro. Solo così si tolgono i migranti dalle mani dei trafficanti di esseri umani.
Si deve creare un documento di soggiorno valido per circolare e lavorare in tutta Europa. L’accoglienza migliore è generata dal lavoro.
“Questa sera parto, finalmente. E’ ora di partire, è ora di arrivare. Sono stanca di questa attesa. E stasera con me parte anche mia zia Miriam. […] Anche lei è stata arrestata tre volte durante il Viaggio, anche lei è stanca e ha bisogno di un posto senza guerra, un posto da cui non dovere scappare. Stasera partiamo e presto troveremo la pace. Troveremo la pace”
Sono le parole di Samia, in Non dirmi che hai paura di Giuseppe Cattozzella. Samia, quella ragazzina di Mogadiscio che si era qualificata alle Olimpiadi di Pechino e che finisce per morire il 2 aprile 2012, anche lei in quel braccio di mare tra Libia e Italia.
Il 3 ottobre 2013 a poche miglia del porto di Lampedusa l’affondamento di una imbarcazione libica: causa 366 morti accertati e circa 20 dispersi presunti, 155 superstiti salvati, di cui 41 minori. Una delle più gravi catastrofi marittime nel Mediterraneo, dall’inizio del XXI secolo.
Tra sabato 18 aprile e domenica 19 aprile 2015 un nuovo naufragio davanti alle coste libiche. Uno dei tanti viaggi della speranza, dalla Libia verso l’Italia, si è trasformato in un’ecatombe di migranti. Nel naufragio di un barcone, di circa 20 metri, sono morte centinaia di persone; le prime stime, fatte dalla Guardia Costiera, parlano di 700 persone, ma la testimonianza di un sopravvissuto, portato in elicottero all’ospedale di Catania, parla di 950 persone a bordo.
Il Mediterraneo continua ad essere luogo di morte per migranti e rifugiati: secondo le stime dell’Unhcr, (l’agenzia dell’Onu per i rifugiati) sono già oltre 1.500 le vittime quest’anno, compresi i morti dell’ultima strage. I limiti dell’operazione Triton stanno lì ma tra i 28 «non c’è ancora la volontà collettiva di un’azione marittima più forte». Triton è un programma dell’Unione europea, gestito attraverso Frontex, l’agenzia europea di controllo delle frontiere, messo in piedi per cercare di controllare gli arrivi di migranti dal mar Mediterraneo.
La situazione geopolitica è di destabilizzazione generale. La qualità della disperazione è cambiata e si è approfondita: ieri demografia, fame e lavoro; oggi dalla Siria alla Libia, da tutto il Medio Oriente e da gran parte dell’Africa anche bombe e pallottole e persino chimica e guerra civile.
È possibile pensare di fermare la transumanza della disperazione con fantomatiche barriere?
Inutile ed ipocrita è pensare che ci sia una soluzione semplice, perché non c’è!
Occorre denunciare l’ipocrisia di chi pensa ancora che sia possibile RESPINGERE. Ma dove li respingi se non hanno più un posto dove andare? E come pretendi che non ci riprovino, insomma che non trasformino un respingimento in un rimbalzo? E come si fa ad affermare che tentare di fermare i fuggiaschi in Libia stroncherebbe il traffico di uomini? Lo renderebbe solo più difficile, facendo alzare il prezzo, in termini economici e di vite perdute.
Domandiamoci con onestà che cosa significa oggi affermare: “aiutarli a casa loro”. Bellissimo, se avessero ancora una casa loro! Tradotto in siriano, oggi significa scegliere tra potenziare l’accoglienza nei campi profughi in Giordania o potenziarla a Lampedusa. È facile capire che preferiscono Lampedusa, nonostante tutto. Queste donne questi bambini e questi uomini arrivano su carrette perché siamo di fronte ad un disastro, e qualunque sanzione prometta qui la “civiltà occidentale” è comunque – e di molto – più sopportabile di quel che il migrante si lascia alle spalle.
Meglio il rischio del naufragio che la certezza della bomba e della fame in Siria. Fuor di moralità e moralismo, la repressione, il respingimento sono inutili, semplicemente perché inefficaci.
Noi abbiamo il coraggio di dire che dobbiamo soccorrere chi sta scappando. Il Governo Italiano dovrebbe dare un segnale chiaro all’Europa, non solo chiedere ma affermare con forza che ora e adesso ci si deve far carico dell’accoglienza, del soccorso navale e del pattugliamento.
Se l’Europa non risponde potremmo sospendere i contributi italiani alla UE.
Non vogliamo coprirci della vergogna con la quale altrimenti la storia ci bollerà. Il “prossimo” sono i reietti che stanno davanti alle nostre coste – quelle del mare di tutti, altro che “mare nostrum” – e la solidarietà deve partire da chi sta più vicino.
Laura Di Lucia Coletti
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