Carlino Dagli Orti, volontario da sempre, racconta la sua Africa
Carlino Dagli Orti è stato in Kenya, Uganda, Mali, Sierra Leone, Guinea Bissau, Capo Verde, Congo, Sud-Sudan. Non si è mai arreso. «Ho iniziato come cooperante e poi come volontario, nel 1976 quando ho scelto di fare il servizio civile anziché quello militare».
Il dottor Carlino Dagli Orti, in pensione da sette anni, è una figura molto nota in paese, da sempre attivo nel volontariato soprattutto in Africa. Rientrato da poco da Ciad e Kenya ci racconta la sua esperienza.
«Ho iniziato come cooperante e poi come volontario, nel 1976 quando ho scelto di fare il servizio civile anziché quello militare. Sono andato in Tanzania, dove sono rimasto 2 anni e mezzo. Con me c’era mia moglie Margherita Volpato, sposati a maggio, siamo partiti a settembre: un viaggio di nozze lungo 2 anni e mezzo».
Dagli Orti si è sempre appoggiato a Medici Con l’Africa-Cuamm. L’attività di medico volontario l’ha portato a lavorare in Kenya, Uganda, Mali, Sierra Leone, Guinea Bissau, Capo Verde, Congo, Sud-Sudan. Recentemente ha fatto anche un’esperienza a Bardonecchia a fianco dell’associazione Rainbow for Africa che, dalla fine del 2017, assiste i migranti che vogliono andare in Francia. Essendo bloccata la rotta di Ventimiglia, si recano a Torino e poi a Bardonecchia, da dove tentano il passaggio delle Alpi a piedi, con il rischio di perdersi o restare congelati.
«Li accoglievamo quando arrivavano dal treno dando loro un minimo di assistenza, una bibita calda, vestiti asciutti e altro, in una stanza con bagno e riscaldamento messaci a disposizione dalle FS; lì passavano la notte, poi cercavamo di convincerli a tornare indietro. Molti ci ascoltavano, ma qualcuno voleva comunque provare a passare il confine. Proprio oggi hanno ritrovato il corpo di una ventenne morta in mezzo alla neve».
A fine febbraio è chiamato dall’associazione NutriAid di Torino per fare un monitoraggio sulla malnutrizione della tribù nomade dei Samburu, nel nord del Kenya. È un periodo di grande siccità e, anche se hanno mandrie, il loro problema è che i villaggi sono semi abbandonati. Solo piccoli dispensari di alcune Ong, ogni 15-20 giorni procurano alimenti, medicine e prodotti vitaminici per contrastare la malnutrizione, che arriva anche al 50%.
«Il sopralluogo, fatto con il dottor Luigi Dalla Via di Schio, ha richiesto 2 settimane di viaggi nella zona».
Al ritorno Carlino Dagli Orti è subito chiamato dall’associazione Medici in Africa di Genova per una missione in Ciad con un altro tipo di attività: andare nello sperduto ospedaletto Biobè a formare un gruppo di infermieri per le emergenze, soprattutto in caso di parto cesareo. L’ospedale, è stato costruito dal missionario bergamasco Angelo Gherardi che, a 80 anni, ha lasciato una cittadina tranquilla per recarsi a 350 km di distanza a portare un po’ di sanità dove nessun altro voleva andare. Si tratta infatti di un luogo che richiede diversi giorni di viaggio e che, durante la stagione delle piogge, è completamente isolato.
«Per questo sono stato incaricato di fare la formazione al personale e di parlare nei vari villaggi, in molti dei quali non avevano mai visto un bianco prima, per convincere le donne ad andare a partorire in ospedale e per dare qualche informazione sanitaria utile. Io continuo in questa attività perché, dopo che hai fatto due anni in Africa non puoi più farne a meno, però sono pessimista: sembra che siano passati quarant’anni invano. Il vero cambiamento non dipende da noi piccoli, ma dai grandi del mondo, se non cambiano le politiche, non succederà mai nulla. Una volta c’erano le foreste, ora stanno disboscando tutto; arrivano mazzette ai politici che così portano via la terra alle persone. Basta guardare gli interessi che ci sono dietro al petrolio per vedere che non c’è interesse da parte degli stati. Comunque il fatto di essere loro vicini, lo stare insieme, sono soddisfazioni per me e per loro. Vedere che puoi anche solo aggiustare un osso ti dà speranza. Un riassunto di quello che sento sulla base dell’esperienza fatta è la lettera “Sono indignato” di Alex Zanotelli: dovremmo prenderla in mano e meditarla ogni giorno».
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