Sul codice di condotta proposto alle Ong
A proposito del codice di condotta proposto dal ministro Marco Minniti alle Ong, vi propongo le considerazioni sull’argomento elaborate dall’Asgi.
Che cos’è il Codice di Condotta che il ministro dell’interno Marco Minniti ha proposto alle Ong? Partiamo dall’inizio, da quando, alcuni mesi fa, sono cominciati pesanti e sconsiderati attacchi alle Organizzazioni Non Governative, accusate di essere d’accordo con i trafficanti, di favorire le morti in mare e un maggior afflusso di migranti in Italia. Ricordate? Erano state chiamate “taxi del mare”. Questo era stato possibile anche in seguito alle esternazioni del procuratore capo di Catania Carmelo Zuccaro (qui l’audizione in Commissione Parlamentare Migranti), che aveva avanzato sospetti senza però nessuna prova a supporto delle sue considerazioni.
Ed è stato un crescendo di attacchi, rabbia e odio nei confronti delle organizzazioni che, ad incredibile velocità, da “enti che salvano vite in mare” sono diventate “strutture che lucrano sulla pelle dei migranti in accordo con i trafficanti di esseri umani”.
Credo sia interessante leggere questo documento della Guardia Costiera italiana che analizza la situazione dei salvataggi in mare nel 2016, facendo anche un confronto con gli anni precedenti. Quello che si nota subito è che le Ong hanno preso il posto delle navi della marina militare o di Frontex (che però non ha come compito quello di ricerca e soccorso in mare, quanto quello di pattugliare le frontiere), soprattutto dopo la chiusura dell’operazione Mare Nostrum.
Così, pian piano, il mare è stato sguarnito di imbarcazioni e le navi delle Ong, sono costrette a spostarsi sempre più lontano. Infatti non lavorano in autonomia, ma seguendo le direttive del Comando Generale della Guardia Costiera a Roma. Inoltre devono decidere cosa fare con il codice di condotta proposto dal ministro Minniti. Ed eccoci al punto: cosa c’è che non va nella proposta del ministro? Ci sono alcuni punti particolarmente controversi in quanto contrastano con la legislazione nazionale ed internazionale che prevede l’obbligo di salvataggio in mare.
Questo avviene con la proibizione assoluta del trasferimento di migranti su altre navi (anche quando ciò sia necessario per salvare vite umane) e di ogni comunicazione luminosa o telefonica con le navi alla deriva (anche quando ciò sia necessario per garantire la sicurezza di operazioni di salvataggio legittime). A questo si aggiunge il divieto assoluto di fare ingresso nelle acque territoriali libiche a cui segue l’obbligo di avere a bordo polizia giudiziaria e investigativa (anche per navi battenti bandiera di uno stato estero). È chiaro che questi divieti, oltre che andare contro la legislazione sul salvataggio in mare, non possono che provocare più morti.
E infatti ieri c’è stato un naufragio, con 11 morti fra cui 2 donne incinte.
E la vignetta di due anni fa di Mauro Biani è di estrema attualità, in un’Europa vecchia, rabbiosa e incattivita dove ogni paese pensa solo a sé e dove i morti, quando se ne parla, vengono usati per una contabilità più squallida che macabra.
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