Contro un’esistenza a punti
Lettera aperta a insegnanti e scuole di italiano per migranti
Melting Pot sottoscrive la lettera aperta della Rete delle Scuole di Italiano per Migranti di Bologna contro l’Accordo di Integrazione e la certificazione della competenza linguistica
Si tratta di due disposizioni contenute nella legge 94/2009 che collegano il permesso di soggiorno ad una nuova sfera di doveri e condizioni, che andranno a complicare ulteriormente l’accesso al soggiorno regolare ed ai relativi diritti, con il risultato che chi non riuscirà ad adeguarsi agli standard linguistici e di comportamento fissati dall’Accordo di Integrazione sarà mantenuto nell’irregolarità.
Il tentativo dichiarato è quello di promuovere un’integrazione selettiva che mantenga nella precarietà i migranti, bloccando l’ascesa verso diritti e status giuridici definiti.
Piano per l’integrazione nella sicurezza. Identità e Incontro di Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Ministero dell’Interno, Ministero della Formazione e della Ricerca
Bozza di Regolamento per il rilascio del permesso di soggiorno a punti
Decreto interministeriale n.10A07303 per il testi di lingua italiano per il rilascio del Permesso Ce
Lettera aperta a insegnanti e scuole di italiano per migranti
L’Accordo sperimenta un nuovo ed ulteriore vincolo al diritto di soggiorno dei migranti sul territorio italiano, subordinandolo al raggiungimento di competenze ed obiettivi in ogni ambito dell’esistenza, dalla conoscenza della lingua italiana al raggiungimento di standard abitativi, dalla conoscenza di non meglio chiarite “regole del vivere civile” fino all’iscrizione al servizio sanitario. Ogni atto compiuto dal cittadino straniero – da una semplice infrazione amministrativa all’ottenimento di un titolo di studio, passando per la stipula di un contratto d’affitto o un mutuo – sarà sottoposto a verifica e successivamente premiato o sanzionato attraverso un sistema di punti con cui verrà misurato il suo grado di integrazione e di conseguenza la sua possibilità di esercitare i propri diritti (che, per inciso, si mantengono sempre inferiori a quelli dei cittadini italiani).
Citiamo a titolo di esempio le enormi difficoltà che un migrante incontra nello stipulare un contratto di affitto (6 crediti) in un mercato immobiliare dove le discriminazioni etniche sono all’ordine del giorno.
Oppure quando è in possesso della sola ricevuta di richiesta del permesso o, ancora, di fronte ai costi esorbitanti degli affitti, che lo costringono a condividere un appartamento subaffittandolo ad altri.
Tutto ciò nel pieno di una crisi lavorativa che forza le famiglie alla morosità e le pone a rischio di sfratto.
Ad essere premiata è anche la scelta del medico di base (4 crediti), ignorando la condizione di marginalità, ghettizzazione e disinformazione in cui sono tenuti i lavoratori migranti. Si pensi solamente allo stato di isolamento ed abbandono dei lavoratori in nero nelle campagne del sud. La loro salute è di fatto affidata a ONG come Medici Senza Frontiere che normalmente garantiscono le cure mediche in contesti di guerra ed in paesi in via di sviluppo.
Ulteriori punti vengono poi attribuiti ai titoli di studio conseguiti in Italia, senza considerare che una larga parte dei migranti ha già una formazione qualificata, con diplomi e specializzazioni che il nostro sistema considera carta straccia. In più non si favorisce l’accesso al’’istruzione superiore, che resta un lusso per chi non ha solide reti di appoggio familiari, dal momento che borse di studio ed altri incentivi sono insufficienti.
In caso di mancata certificazione il permesso di soggiorno è dapprima prorogato di un anno e poi revocato.
A partire da dicembre la stessa certificazione A2 sarà vincolante per l’ottenimento del permesso per soggiornanti di lungo periodo, un documento a tempo indeterminato che riconosce ai migranti maggiori diritti e welfare, liberandoli dall’incubo di ritornare all’irregolarità se perdono il lavoro.
È evidente che non contestiamo l’utilità dell’apprendimento della lingua italiana, ma siamo contrari ad un disegno che lo pone come requisito per l’accesso ai diritti.
Abbiamo sempre preso le distanze da un modello di insegnamento che prevede la trasmissione unidirezionale di nozioni, convenzioni e concetti formali, che non tiene conto di quanto l’apprendimento sia un percorso lungo e accidentato, sottoposto ad infinite variabili – differenze di genere, relativi livelli di scolarizzazione ed enciclopedia pregressi, modalità e tempi di studio, condizioni quotidiane soggettive di vita e di lavoro – e che tratta l’alunno come un soggetto da educare mediante il trasferimento meccanico e acritico di conoscenze e valori da riattivare attraverso test di competenza ed esami di certificazione.
Invece è solo un processo di conoscenza reciproca e non unilaterale che aiuta a sconfiggere i sentimenti di diffidenza ed i pregiudizi agitati anche nelle linee guida previste dal Piano per l’Integrazione nella sicurezza stilato dal Governo, così come la paura che “le diverse tradizioni e culture di provenienza entrino in collisione con il nostro assetto valoriale”. Il timore che culture e tradizioni diverse possano collidere con, e avere il sopravvento su una presunta “cultura italiana” è la cifra che da anni caratterizza il dibattito politico ufficiale in materia di immigrazione. Noi non condividiamo questo timore, perché interpretiamo il confronto quotidiano con culture e tradizioni diverse come stimolo e necessità per costruire insieme la società di oggi e di domani e perché crediamo che a interagire siano sempre persone, la cui soggettività non è riducibile a totalizzanti categorie sovraindividuali di cui esse sarebbero rappresentanti o esponenti.
Per questo motivo invitiamo associazioni, insegnanti, operatori ed educatori a partecipare ad un confronto aperto su questo provvedimento, che forse non costringerà necessariamente le scuole a cambiare la loro funzione ed organizzazione ma modificherà comunque il rapporto dei migranti con la conoscenza e con tutti gli “operatori del sapere” sul territorio, a partire dalle scuole pubbliche fino alle scuole di italiano per migranti delle associazioni. Rigettiamo ogni ipotesi di trasformazione dei centri del sapere, dell’incontro e della condivisione in centri per il controllo e l’accertamento di competenze funzionali al mantenimento di diritti raggiunti attraverso sacrifici e pagando prezzi altissimi.
(Aprimondo-Centro Poggeschi, Associazione Ya Basta! Bologna, Scuola SIM XM24, Famiglie Insieme, Scuola By Piedi-Chiesa Evangelica Metodista, Scuola Alfabeti Colorati)
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!