Dammi il mio giorno, poesia di Salvatore Quasimodo

Dammi il mio giorno

Dammi il mio giorno è stata scritta da Salvatore Quasimodo, uno dei nostri più grandi poeti ermetici, insieme con Mario Luzi. L’ho scoperta per caso e me ne sono innamorata.

Dammi il mio giorno,

ch’io mi cerchi ancora
un volto d’anni sopito
che un cavo d’acque
riporti in trasparenza,
e ch’io pianga amore di me stesso.

Ti cammino sul cuore,
ed è un trovarsi d’astri
in arcipelaghi insonni,
notte, fraterni a me
fossile emerso da uno stanco flutto;

un incurvarsi d’orbite segrete
dove siamo fitti
coi macigni e l’erbe.

Salvatore Quasimodo

 

Ed è subito sera, E come potevamo noi cantare…, Giorno dopo giorno… sono alcuni dei titoli che ognuno di noi conosce ed ha potuto amare ed apprezzare. Come la stragrande maggioranza dei poeti, anch’egli fu giornalista e traduttore di autori latini, ma anche di Shakespeare e Neruda. cognato di Elio Vittorini, conobbe grazie a lui Eugenio Montale ed entrò a far parte del gruppo Solaria, con cui pubblicò le prime opere. Fu giornalista per Il Tempo critico teatrale a Omnibus, ed ottenne la cattedra di letteratura italiana al Conservatorio.

Quasimodo è stato un esponente di punta dell’ermetismo, la sua poesia ha segnato un marcato distacco nei confronti della lingua parlata: nelle sue opere, infatti, troviamo parole che non vogliono comunicare; esse hanno piuttosto un valore assoluto ed enfatizzato, tendente all’astrazione. Egli ha utilizzato molte analogie evitando spesso i rapporti logici, ottenendo effetti di indeterminatezza. I temi delle prime raccolte sono stati la nostalgia per la Sicilia, la casa, la madre, l’infanzia.

Nel dopoguerra la sua poesia è cambiata: versi più lunghi e lineari, realtà dotata di maggior concretezza, messaggio più accessibile, tanto da assumere significati politici e sociali. I suoi versi, quindi, diventano più discorsivi e narrativi.