De-costruire l’autobiografia

De-costruire, Anghiari
  

Sempre in tema di ricordi aggiungo un altro tassello legato al mio percorso anghiarese, la mia “Lectio magistralis” letta nel dopocena, dopo aver ottenuto il diploma di “Esperta in metodologia autobiografica” (percorsi Morphosis ed Epimeleia). So che gli amici che hanno frequentato il corso con me avevano voglia di leggerlo. Eccolo qui, buona lettura e buon divertimento!

LECTIO MAGISTRALIS
“LA DECOSTRUZIONE DELL’AUTOBIOGRAFIA IN BASE ALLE TEORIE FENOMENOLOGICO-COSTRUTTIVISTE”
Gentili Professori, Cari Colleghi,
siamo a conclusione di due anni in cui abbiamo studiato l’arte dell’autobiografia applicandola a noi stessi.
Vi chiedo di prestare attenzione al mio discorso a diversi livelli. Il livello più importante, come sappiamo, è quello del processo, quello che permette di analizzare i sentimenti legati al senso che ha il nostro sentire, rispetto al senso del senso del senso di quello che si va ascoltando.
Si tratta, come è stato più volte ribadito, di una metariflessione che, lavorando a livello metacognitivo, vuole analizzare l’autoanalisi cognitiva della metacognizione del proprio modo di fare autoanalisi autoanalitica sulla nostra autobiografia (come ha magistralmente espresso il Prof. Demetrio nel suo “autoanalisi per non pazienti”). L’attenzione alla molteplice molteplicità degli sguardi, ci permetterà di vedere una ulteriore ulteriorità – che non sarà l’ultima, e di chiederci se questo apre o chiude la nostra storia.

Anzichè la co-costruzione, vi illustro la de-costruzione della nostra autobiografia secondo il metodo fenomenologico-costruttivista: dovremo cioè fare il percorso inverso rispetto a quanto fatto finora; mettere in atto una disintenzionalizzazione pedagogica; in altre parole dovremo de-testualizzare il testo per poter dire: “Testo, ti de-testo” (de-testo, con il trattino mi raccomando).

Il primo esercizio che vi propongo sarà quello di smontare le parole, una ad una, svuotandole dal loro significato originario e cercandone un altro. Cioè mettere le lettere così ricavate in un’insalatiera, condire, mescolare e pescare a caso.
Un altro utile esercizio, potrebbe essere quello di andare al bordo di un bosco con la vostra autobiografia, strapparne le pagine una ad una, accartocciarle e poi gettarle nel bosco con aggressività. Quali esperienze ulteriori aprirà questo esercizio? Avrete venti minuti di tempo per fare una metaanalisi metariflessiva, sulla riflessione metacognitiva del vostro vissuto.

A questo punto potrete, se lo desiderate, ricostruire l’autobiografia a vostro piacimento.
Al termine di questa breve lezione, pensando ai futuri discenti della LUA, ho una proposta per i nostri docenti. Presumo che i ristoratori del castello di Sorci, non abbiano mai avuto l’occasione di fare un percorso autobiografico che permettesse loro di ritrovare l’orgoglio dell’identità del loro lavoro (come diceva stamattina il Prof. Bellamio). Proporrei di mettere nella bisaccia, prima della soglia, una serie di lucidi contenenti la pubblicità dei menù proposti da altri ristoranti.
Questo, per permettere appunto quella pluralità di sguardi di cui si parlava prima, per permettere di vedere quali ulteriori possibilità questo apra. Questi menù, aprono o chiudono la storia del menù del castello di Sorci?
Anghiari, addì 05.10.2005
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