Immigrazione e disinformazione
Il Professor Fulvio Vassallo Paleologo spiega in questa nota su Facebook, cosa intende con “DISINFORMAZIONE DI MASSA, “ABROGAZIONE DELLA BOSSI FINI” E RUOLO DELLA MAGISTRATURA.
Grande confusione all’insegna dello slogan “Abroghiamo la Bossi-Fini”.
Dopo la raccolta di firme indetta da Repubblica (100.000 firme in pochi giorni), dopo il voto bipartisan (e qualcuno dovrebbe chiedersi bene perché e leggere bene cosa si è votato) da parte del Parlamento Europeo, anche il TG3 notte del 22 ottobre ci casca, con la presentazione assai confusa del direttore e poi dando la parola ad un grande attore (Leo Gullotta) che non sa però di cosa parla.
Prevedo che la confusione aumenterà ancora nei prossimi giorni, anche perché la Lega è tornata a sostenere che il reato di immigrazione clandestina serve a contrastare gli ingressi irregolari. In realtà Maroni lo aveva introdotto per eludere la applicazione della Direttiva 2008/115/CE sui rimpatri che non si applica agli autori di (altri) reati penali, tentativo poi disinnescato dalla Corte di giustizia con la sentenza El Dridi.
La Bossi-Fini è certamente da abrogare, per la condizione di precarietà che impone ai migranti comunque presenti in Italia, per l’eccessivo ruolo attribuito alle norme penali e per la mancanza di canali legali di ingresso per lavoro, ma non incide certo sul verificarsi delle stragi in mare quanto gli accordi bilaterali, le intese operative delle polizia dei diversi stati e le scelte politiche, variabili a seconda delle contingenze, di affidare a questo o a quel paese i compiti di salvataggio nelle diverse zone SAR ( ricerca e salvataggio), in assenza di una disciplina europea che stabilisca chiaramente in quale paese condurre i naufraghi che facciano subito dopo lo sbarco una richiesta di asilo.
I dispositivi, le catene di comando comuni, gli agenti di collegamento e le missioni derivanti dai programmi europei e gestite dalle agenzie FRONTEX ed adesso anche EUROSUR, largamente invocate anche da tutti coloro che chiedono l’abrogazione della legge Bossi-Fini, hanno effetti assai più devastanti sulla vita delle persone in mare, che il reato di clandestinità o lo stesso spauracchio di una incriminazione per il reato di agevolazione dell’ingresso di “clandestini”. Gravissima oggi la confusione tra il reato di immigrazione clandestina (art. 10 bis) ed il reato di agevolazione dell’ingresso di clandestini (art. 12 del T.U. 286 del 1998 come modificato dalla Bossi Fini del 2002 e dai pacchetti sicurezza di Maroni nel 2009 e nel 2011).
Sul reato di immigrazione clandestina, del resto un reato contravvenzionale che non porta in carcere nessuno, come affermato erroneamente da altri, la Corte di Giustizia con diverse sentenze (casi El Dridi, Achugbabian e Sagor) ha detto cose molto precise che vanno ben oltre quanto votato oggi dal Parlamento Europeo, che in realtà era solo un messaggio al prossimo Consiglio Europeo che si svolgerà a Bruxelles il 24 e il 25 prossimi a Bruxelles. Io mi sento davvero sfinito nel tentativo di fare un minimo di chiarezza.
Purtroppo la situazione rimane confusa anche dopo gli ultimi interventi della dottrina e della Procura di Agrigento. Su questa polemica osservo che io stesso avevo già scritto in diversi siti che la Procura di Agrigento, che aveva già sollevato una eccezione di incostituzionalità del reato di clandestinità, chiede l’archiviazione del procedimento per il reato previsto dall’art.10 bis (immigrazione clandestina), poi sono i giudici di pace (per ragioni che preferirei non ricordare), che proseguono la procedura disponendo ulteriori indagini.
Tuttavia è incontrovertibile che i centri di prima accoglienza e soccorso, come quelli di Lampedusa e Pozzallo, e ancor meno i tanti centri informali di trattenimento, come quelli di Porto Palo, Porto Empedocle, non possono essere equiparati a CIE, come sembrerebbe affermare la Procura di Agrigento. E su queste strutture bene farebbe la stessa magistratura ad indagare. ma questo è un altro discorso rispetto all’abrogazione del reato di immigrazione clandestina, certamente necessaria, ma senza alcuna influenza sulle attività di primo soccorso ed accoglienza. Semmai il problema è che si procede per questo reato (di clandestinità ex art. 10 bis) perché un numero sempre maggiore di persone, soprattutto i siriani, i somali e gli eritrei, non vogliono chiedere asilo in Italia e si rifiutano persino di farsi prelevare le impronte digitali, dunque non si possono avvalere della sospensione del procedimento penale prevista per coloro che fanno richiesta di protezione internazionale.
Ma il problema vero è il Regolamento Dublino II e non certo l’esistenza del reato di immigrazione clandestina. Come è un problema il fatto che le autorità di polizia in Sicilia, dopo avere prelevato le impronte digitali, ritengono che la persona abbia già presentato una richiesta di asilo, che formalizzano spesso all’insaputa dell’interessato, mentre a livello internazionale si richiede una volontà informata e consapevole del richiedente asilo perché si possa ritenere esistente una richiesta di protezione. Su queste circostanze sarebbe bene svolgere un rigoroso controllo di legalità, come sulle condizioni indegne dei centri di accoglienza, creati senza gare di appalto e mantenuti senza rispettare gli standard previsti dalle direttive europee e dallo schema tipo di convenzione del Ministero dell’interno.
Devo anche ricordare che ad Agrigento si è celebrato per anni un processo contro alcuni pescatori tunisini, arrestati nel 2007 dopo avere compiuto una azione di salvataggio, con la Procura che ha sostenuto l’accusa per l’art. 12 del T.U. e per altri reati, con la condanna nel 2009 dei due comandanti da parte del Tribunale di Agrigento, e con la successiva assoluzione degli stessi nel 2011, da parte della Corte di Appello di Palermo. È stato un unico processo nei confronti di pescatori che avevano svolto una attività di salvataggio, dopo quello parzialmente diverso nei confronti dei responsabili della nave tedesca Cap Anamur, anche questo sostenuto dalla procura di Agrigento dal 2004 al 2010, e poi conclusosi con una assoluzione davanti al Tribunale di Agrigento. Non si può escludere che questi processi, che hanno avuto una vasta risonanza sulla stampa, possano avere giocato un effetto dissuasivo rispetto ad azioni di salvataggio da parte di altre imbarcazioni civili. E comunque a livello europeo sono stati eventi che hanno fatto “storia” essendosene occupato anche il Parlamento Europeo.
Forse, per fare un minimo di chiarezza, basterebbe rifarsi alla formulazione dell’art. 12, in materia di agevolazione dell’ingresso irregolare, che fa salve le attività di soccorso umanitario. In ogni caso, contro qualunque ipotesi di reato nel caso di azioni di salvataggio in mare, obbligo sancito dalle convenzioni internazionali di diritto marittimo e penalmente sanzionato con il reato di omissione di soccorso, potrà sempre valere l’esimente dello “stato di necessità” prevista dall’art. 54 del codice penale.
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