Qui sotto i risultati del nostro piccolo esperimento.
1)
Mi piace camminare a caso per le strade di Anghiari. Ogni volta scopro un tesoro sfuggito l’attimo prima. Fa caldo, ma l’ombra dei vicoli mi protegge.
Mi siedo sugli scalini dell’ingresso di una casa e mi perdo il fantasticare la vita nelle case. Le finestre e le porte piccole sembrano gelose dei segreti degli abitanti. Le donne avranno sia finito di pulire la cucina, gli uomini si staranno riposando, sonnecchiando sul divano. Un tonfo sopra di me mi fa alzare gli occhi: una donna scuote un tappeto e poi un altro.
Immagino la mia casa pulita e curata. Come ogni spazio esterno. Sono meravigliosi tutti questi fiori, un trionfo di colori i fiori grandi e piccoli, profumati di vita.
Adoro Anghiari, accogliente e semplice.
Un signore passa con un cane: mi guarda, incuriosito. Gli sorrido e lo saluto. Mi saluta, rassicurato.
Speriamo che non pensi che sono strana. Forse, avrebbe ragione: una donna seduta su uno scalino, assorta nella scrittura.
Ecco come sono oggi ad Anghiari. Felice a vedere la penna che disegna il mio foglio.
2)
La fila di colline che incornicia il mio orizzonte mi ricorda che la Toscana è una bella regione a cui non manca nulla, dal mare alla neve, offrendo sempre sorprese e paesaggi interessanti.
È la regione che mi sono scelta per vivere, abbandonando la Milano che mi era stata data, e per ora sono contenta della mia scelta.
Anche ora, seduta al tavolino di un ristorante con una magnifica vista, mi trovo qua al termine di una breve esplorazione calcolata.
Per questo esperimento di scrittura ho deciso di fermarmi all’orario indicato, dopo essermi diretta verso zone e stradine che ancora non avevo calpestato. Questa volta la mia esplorazione è durata poco e quando dico calcolata intendo dire all’ombra, con un tavolo a disposizione…
Trovo interessante questa osservazione del sé che scrive, abituata come sono al monitoraggio dei pensieri, nella meditazione di consapevolezza.
Anche se forse non scriverò continuamente per i prossimi 10 minuti, che anzi fortunatamente vista la mia insofferenza alle costrizioni, ormai sono 7, forse 6… L’aria è calda e anche se la tenda del gazebo sbatte, solo 2 o 3 volte per ora un soffio di vento fresco è arrivato, alle bassure della mia seggiolina di plastica. Anche la superficie del tavolo in finta pietra mi rimanda il calore di questa stagione.
Quindi mi ricordo che è la mia stagione, l’estate matura di settembre è quella che amo di più, tra 10 giorni il mio compleanno.
È estate, talvolta sembra già autunno ma è il momento in cui finalmente la natura vinta dal calore consistente del sole è finalmente disposta a concedere la sua essenza.
Mercurio domina, e concede nella sua esaltazione settembrina il distillato alchemico delle passioni… un momento che amo più della primavera, quando la ricchezza degli umori rende inconsapevoli e pieni di ebbrezza.
Osservo prati, alberi e campi sfiniti ormai dall’estate, case e profili ondulati e terrosi sembrano ben delineati pur nella foschia.
Un uccello passa sbattendo le ali controvento, poi ripiomba il caldo.
Sono le 15,10.
3)
Una via finora inesplorata, ma dal nome altisonante: Via del Castello antico.
Secoli di storia italiana ed europea.
Una doppia fila di panni stesi al sole.
Macchie di colori tra il grigio della pietra e il bruciato del mattone. Osservo una lunga gonna rossa, a balze, che ondeggia, danza sospinta dalla brezza.
Cerco sollievo nell’ombra, non sopporto il caldo eccessivo di questa fine estate.
Mi siedo su un gradino all’ingresso di un portone di legno, vetusto, scrostato, formato da assi orizzontali sconnesse…
Una leggera maniglia di ottone lo ingentilisce, la sua anima femminile.
Due omoni che parlano inglese si avvicinano, mettono la chiave nella toppa ed io dico: “Sorry”. Uno mi risponde: “Va bene”.
Il latrato di un cane lontano, un telefono che squilla a lungo e a vuoto, discorsi e parole arrivano dalla piazza.
Sono attenta a cogliere le voci dentro le case. Mi avvicino al rumore di uno scarico d’acqua. Ho nostalgia per la mia casa, la mi a quotidianità.
L’ho lasciata ormai da 15 giorni per un viaggio in Ucraina e da lì sono arrivata direttamente ad Anghiari.
Il futuro è una vespa nera e gialla che sta a guardia della via.
4)
L’eco dei miei passi mentre cammino per le antiche strade. Sui muri il gioco di luci e ombre che parlano di un tempo andato, di vite vissute. Associazioni che mi suscitano tristezza… Come quando, bambina, seduta sui gradini di pietra della vecchia casa in cui abitavo, guardavo l’austero muro che mi stava di fronte.
Le voci allegre di due bambini interrompono i miei ricordi. Parlano di giochi. Mi guardano incuriositi, ma trattengono le loro domande.
Ecco, sì, ora ricordo, in questo stesso posto mi fermai tre anni fa, la prima volta che venni ad Anghiari. Una foto, scattata da una compagna di corso, mi ritrae seduta su questo muretto. Era inverno… Il freddo, fuori e dentro di me, era pungente. Oggi il caldo è intenso. Passano nella via dei rumorosi turisti. I due bimbi … sono scomparsi. Li cerco inutilmente con lo sguardo.
5)
Anghiari, Piazza del Popolo
Davanti a me c’è la sede della Libera. Il grande cartellone del festival mi sorride.
Ci siamo dovuti spostare all’ombra per raccontarci e poi iniziare a scrivere. Gli altri e le altre sono in giro per il paese, mentre un venticello fresco mi fa svolazzare la gonna.
È appena passata Ada, era al telefono, e scriverà che era al telefono.
Vedo tutto offuscato e questo mi restituisce un mondo onirico, quasi fossi immersa in un altrove. Ma Anghiari è altrove.
Gli altri mi hanno lasciato in custodia le borse, per potersi muovere liberamente. Una signora si lava le mani alla fontanella, mentre il cane comincia ad abbaiare, come ha fatto ieri, ascoltando gli ultrasuoni della musica che accompagnava le poesie di Maria Grazia Calandrone.
Si sente il rumore delle tazzine del bar a fianco. Ora c’è Ada qui vicino – oltre a Maria Luisa – si mette a scrivere con il suo IPOD (IPAD?). Ipertecnologica come sempre.
E il ticchettio lieve della tecnologia accompagna le mie ultime righe.
Il tempo è scaduto.
6)
Sono seduta sugli scalini di una chiesa, in una piazzetta. Uno scorcio di poesia, di bellezza colorata e di umanità generosa. La pietra antica, il tufo scuro degli scalini, i gerani alle finestre, biciclette e voci di bambini che ridono e litigano.
Sto bene, immersa nella vita. I miei pensieri, le mie ansie si placano, il mio vissuto fa appena capolino. Sto pensando che forse sarebbe bello non avere storia, non avere memoria e poter vivere solo il presente, quello che gli occhi accolgono, che le orecchie sentono, che l’olfatto e il tatto percepiscono. Frescura della chiesa dietro di me. Vento che a folate mi dona carezze! Regalarsi assenza di ricordo, solo vita in cui immergersi. Mi sto stupendo!
Come cultrice della memoria, ne sento tutto il peso!
7)
Sulla scala di Anghiari
Via della Piazzola
ore 15.00
Sono qui nella bottega mentre attendo il momento, l’attimo per scrivere, la via mi attirava!
Colori, profumi, la luce, e mi sono persa nell’attrazione…
Seduta ora su questi scalini, ho il il vento che mi rallegra, e la morte va in un altro tempo e spazio, mentre sento il rumore del legno e rivedo le mani veloci e sapienti della donna che sta lavorando penso a Lucia, la tessitrice di Lucca, al tessere, la trama e l’ordito poi alzo gli occhi davanti a me c’è la piazza e nel cielo si intrecciano come su un immenso telaio in volo piccioni e rondini, il volo d’intreccio delle api intorno ad un nido sul tetto, è impossibile per me non sentire il legame con il cerchio, la spirale.
Ora davanti a me due ragazzini che si rincorrono sulla bicicletta, il vento aumenta… ed il rumore dei piccoli fusi di legno che provengono dalla bottega si aggiunge quello delle foglie…
il tempo è scaduto…
Il tempo non ha più tempo. Fine ore 15,10.
8)
Qui nel vicolo senza nome, scuro e ventoso. Sono alla ricerca di un luogo fresco e ombroso, mi siedo su scalini freddi e davanti a me sono schierati scheletri di sedie in attesa nell’impiantito sconnesso. Il fruscio accartocciato della faviera e il suo buon odore di secco e polvere m’invadono la mente. Il ricordo del nonno e delle sue mani nodose, mentre intreccia la foglia, nell’orto, seduto sulla sua seggiola bassa, dalle gambe troncate. Me bambina che gli giro intorno, senza disturbarlo. In fondo, dove il vicolo finisce, lo stesso sole d’allora batte sulle pietre, le infuoca e le asciuga. Fa ondeggiare i contorni.
9)
Anghiari, 02.09.2011
Laboratorio di scrittura momentista
Sono sul terrazzo del bar: “I Giardini del vicario” per una scrittura di dieci minuti. Tra i diversi laboratori ho scelto quello di MRB. “Scrittura momentista” perché mi ha incuriosito il titolo. Conosciute le regole del momentismo, eccomi all’opera. Mi accompagna il chiacchiericcio di tazze e bicchieri nelle mani della barista e la visione di un panorama mozzafiato che allaga le mie pupille. Seguo la traiettoria di un colombo mi sfreccia davanti agli occhi, allungo il collo per seguirne il volo che si perde tra il verde di un boschetto vicino. Come soldati a guardia di un muretto, una fila di vasi con rossi gerani attira prepotentemente il mio sguardo. Bocche rosse e seducenti nel verde che le circonda. Stop.
I dieci minuti sono terminati.
10)
2 settembre 2011 ore 15.00
Dalla stretta via della Misericordia arriva un venticello fresco, con quell’odore un po’ stantio che suggerisce casa, cantina, pietra all’ombra, “Damme un bacino! Damme un bacino! Ah! Me l’ha dato!” si rivolge a un cane basso, la voce infantile dell’anziana che vive al numero civico 14. Il proprietario del cane, un signore alto, in pantaloncini e calzini alti fino al ginocchio, decorati a strisce orizzontali, le dà del voi, nonostante sia il suo dirimpettaio. Passano poi, lui e il suo cane, davanti a me, che siedo sul primo dei gradoni con cui si frange il vicolo scendendo a diventare rampa fino a sfociare, pochi metri più sotto, in un altro torrente di pietre in direzione contraria, ma sempre discendente.
Stendo le gambe ora che il vicolo è deserto e non costituisco intralcio. Lungo il muro, in fila, tanti vasi quanti ne posso ospitare queste mura, ora compatte di intonaco … ora movimentate da pietre di ogni forma. Ai tanti fiori si dovrebbe interessare questa ape, non a me, oggetto ingombrante, ma privo di polline. E infatti se ne va.
Mi scomodo per lasciar passare un bel signore anziano, magro, con una camicia a righe blu verticali. Mentre mi ringrazia, rivolgendomi un sorriso cortese che fiorisce insieme alle rughe dei suoi occhi,intravvedo nel taschino la targhetta gialla con scritto: “Poste Italiane” e penso: “Possibile? Un postino così anziano?”.
Ora chiudo, puntuale, mentre una giovane coppia scatta fotografie a uno degli innumerevoli scorci di Anghiari.
11)
Spostarmi dalla mia sedia? Piuttosto morire. Loro vagolano qua e là alla ricerca del Graal.
Lasciatemi su questa sedia a invecchiare. Arriva l’arietta e vedo i sassi delle case di Piazza del Popolo. Passa l’Ada strillando al telefono: “… e io scriverò che sono al telefono con Anna Maria Pedretti”. Ed io le strillo: “E rompi le scatole a chi ha già incominciato con la scrittura”. Carissima Ada pensavo questa mattina che è stata a tagliarsi i capelli. Prima i capelli lunghi, legati in una coda minacciosa, dietro un viso minaccioso. I riccetti che le danzano in testa e dovrebbero danzare ancora di più… (magari a ritmo di rock). Ecco è qua di nuovo e ha fatto un disastro – scatenato dai ricci che lei vuole tenere sotto controllo?
Beh, stanno arrivando i cavalieri erranti e le dame sfuggite al nemico. Arriva una dama autogestita. E due dame in combutta ad altre dame. Intanto penso che Ada, sotto i riccetti, ha un gran bel nasino. E un bel sorriso.
Dalle 15 alle 15,10
12)
2 settembre ore 15 Piazza del popolo, mi squilla il telefono, anzi no. Guardo il telefono e mi accorgo che ci sono delle chiamate a cui non ho risposto.
Prendo il telefono e richiamo la persona che credo in questo momento più importante. Anna Maria Pedretti. Abbiamo una breve conversazione, ma la comunicazione viene interrotta perché cade la linea.
Fa caldo, molto caldo, sto bevendo un bicchiere di acqua fresca con ghiaccio. La signora del bar è stata molto gentile a darmi un bicchiere di vetro.
Sono seduta accanto a Sara. Ma voglio andare nel gruppo della scrittura momentista. Fissare questi 10 minuti della mia vita, assolutamente ininfluenti, assolutamente poco significativi, nel complesso della mia vita.
Mi alzo di scatto, mi gira la testa, mi appoggio al tavolo che crolla. Boom!!! Un boato rimbomba per tutta la piazza. Allora è importante questo momento, mi dice che devo stare attenta e che non devo sottovalutare le mie forze. Mi siedo, scrivo e sto meglio.
Dopo vent’anni ecco il primo commento riguardante questo curioso momento letterario chiamato momentismo. Mi sembra che tutti possano scrivere allo stesso modo, e che dopo la scrittura non ci sia commento e valutazione, non dico giudizio o pagella ma almeno un cavolo di opinione, l’intelletto ronfa alla grande e la fantasia pure, meno male che c’è Anghiari e i suoi abitanti stimolati a vivere in sintonia di parole con il borgo rupestre e bucolico. Ho un’idea, potremmo fare una gara, assembliamo in modo brillante e imprevedibile, a collage, le frasi dell’uno e dell’altro, pescando, mescolando, sorprendendo e conferendo differenti sensazioni e forme, e al termine potemmo di re non sapevo di aver scritto ciò, non avrei mai immaginato che sotto queste frasi lontane nessuna sa dalla presenza dell’altra,come un cittadino di Venezia e uno di Pnom.Pen… eppure sotto nascono delle radici lunghissime che catturano un periodo e lo abbracciano, poi un altro e un altro ancora. Praticherò il momentismo per il mio prossimo romanzo. Chissà che uno non veda involontariamente il compiersi di un delitto…
Gentile Alberto,
grazie del suo commento. Ha frequentato anche lei i corsi della rivista “Storie” (che purtroppo ha smesso le pubblicazioni)?
Confesso che non ho capito bene il senso del suo commento sulla scrittura momentista e su Anghiari – se è ironico o se intende altro).
I testi che ho pubblicato sono stati scritti da alcune persone che erano presenti all’annuale festival dell’autobiografia.
Per quanto riguarda l’assemblaggio delle frasi dei partecipanti, può trovarne uno al link qui sotto:
SCRITTURA COLLETTIVA DA UN LABORATORIO AUTOBIOGRAFICO
Infine, credo sia difficile scrivere un romanzo momentista da soli, visto che il suo senso è proprio la scrittura collettiva e contemporanea di più persone; magari succederà che lei, prendendo spunto dal momentismo, si inventerà una nuova tecnica di scrittura diventando famosissimo.
Auguri per i suoi lavoro e buona serata
Mari