Le parole della comunicazione – 1
Alcuni fatti recenti mi hanno portata a riflettere sulla comunicazione e su quanto i media siano in grado di influire, modificando le percezioni delle persone.
La prima, importante riflessione riguarda la parola: la parola costruisce la realtà, crea mondi, modifica le cose e le persone dando loro un’altra identità, un altro significato, un altro valore.
La prima parola è casalinga
Può essere la “famosa casalinga di Voghera”, quella alla quale folte schiere di saggi e colti maschi devono sforzarsi di spiegare – con parole semplici e chiare, per carità! – i fatti, la politica, l’economia…
Può essere una donna incapace di lavare da sola un pavimento o un maglione, che solo grazie all’intervento di un muscoloso supereroe, risolve i suoi problemi di pulizie in un attimo per essere pronta e rilassata ad accogliere l’uomo di casa fresca e sorridente…
Oppure, può essere una donna normale che ha scelto (o che ha dovuto scegliere) di dedicarsi alla casa e alla famiglia, svolgendo un lavoro di cura prezioso che permette allo stato, da un lato un notevolissimo risparmio di risorse, dall’altro di ottenere un ritorno in termini di ben-essere familiare e sociale non quantificabile.
Eppure la parola è sempre la stessa: casalinga. E allora, dov’è la differenza fra queste tre donne? Forse che le prime due valgono meno della terza? Forse che la terza è una santa dotata di un’abnegazione fuori dalla norma? No, sono tre donne, tre casalinghe e magari ognuna di loro ha gli stessi problemi delle altre due. La differenza è nel modo in cui sono state presentate.
La seconda parola è clandestino
Faccio una breve digressione sulle immagini che Google mi ha restituito in base alle due parole: quella sopra può essere rappresentativa di una casalinga (ma non sappiamo se questa signora magari ha anche un lavoro part time e quindi, oltre che casalinga è anche lavoratrice dipendente). La seconda mi ha restituito l’immagine qui sotto. Sfido chiunque a dimostrare che questo signore è privo di permesso di soggiorno. Fine della digressione.
Clandestino è l’extracomunitario senza permesso di soggiorno che, in base alla legge, commette un reato penale per il solo fatto di non avere un pezzo di carta e un timbro nel passaporto. Delinquente, quindi, per la sua condizione personale.
La parola clandestino deriva dal latino e significa letteralmente: “Colui che si nasconde alla luce del giorno”. Già questo ci mostra come sia completamente sbagliato parlare di clandestini a proposito dei migranti che sbarcano a Lampedusa. Essi infatti non si nascondono, anzi cercano in tutti i modi di farsi vedere. Ci troviamo davanti a un grosso controsenso linguistico e anche, purtroppo, a una incredibile superficialità nell’uso delle parole da parte degli operatori della stampa. E questo, nonostante sia in vigore da anni la Carta di Roma.
Ma anche fra i cosiddetti clandestini c’è chi è di serie A e chi di serie B.
In questi giorni si è ripreso a parlare del caso Ruby/Karima e, ancora una volta, si è detto che la minorenne era “Senza documenti“.
Nessun giornale o telegiornale ha mai parlato di Ruby come di una clandestina (e ladra, per giunta).
A Ruby, a suo tempo, era stato rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di giustizia. Si tratta di una tipologia di permesso provvisoria rilasciata a chi deve difendere i propri diritti in tribunale, che non permette di lavorare, né di avere residenza, né di affittare una casa o andare all’estero. Eppure la ragazza è andata in Austria a una festa ed è stata seguita da tutte le televisioni del mondo. Nessuno si è scandalizzato… potere delle amicizie o potere delle parole, come si diceva più sopra? Come sarebbe stata vista Karima (e chi le si è accompagnato) se l’avessero presentata come una qualsiasi prostituta irregolare e ladra – o anche solo come l’uomo sulla foto sopra?
To be continued…
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