Leonardo, appassionato di arte e natura

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Leonardo Carlotto in bici

Leonardo Carlotto è stato una persona davvero importante per la comunità di Sandrigo. La moglie e il figlio ne tratteggiano la sfaccettata personalità, raccontando la sua grande passione per la natura, gli animali, l’arte e la storia locale.

È ancora vivido il ricordo di Leonardo Carlotto, soprattutto nei familiari e fra gli amici. La moglie Laura Sibola ed il figlio Michele, lo raccontano in una sorta di duetto in cui si alternano nel narrare la persona davvero speciale con cui hanno vissuto. Gli occhi lucidi, a tratti, nel ricordare qualche particolare. Emerge il ritratto di un uomo semplice e schietto, appassionato di ambiente e natura, profondo conoscitore di animali di tutti i tipi, esperto d’arte e di storie di vita, collezionista pignolo e instancabile.Leonardo Carlotto, gli oggetti

«Gli animali era tutti benvenuti: rospi, rane, tritoni, tartarughe e uccelli di ogni tipo; li curava se erano feriti come è successo con uno scoiattolino caduto dall’albero, che lui ha fatto crescere e poi riportato nel bosco. L’animale è corso su per i rami dell’albero, poi è tornato indietro, ha fatto un giro sulle sue spalle e di nuovo sull’albero. Una specie di addio».

La storia locale era il suo pane quotidiano, aveva la più vasta collezione di cartoline degli ultimi 100 anni. Ci teneva a raccogliere le storie degli anziani, perché non andassero perdute. Tutto poi finiva nei libri scritti con gli amici. A livello artistico, lo appassionavano le cose semplici, come le caratteristiche mure di sassi che ci sono a Sandrigo.

«A Monteforte avevamo dei terrari con innocui serpenti: ne metteva uno sulle braccia dei figli, che gli erano molto affezionati. Aveva camaleonti, tartarughe, pappagalli, pesci tropicali; voleva portarmi anche un serpente boa, ma gli ho detto: “O lui o me”».

Era appassionato di minerali e fossili, conchiglie e farfalle. Aveva una trentina di gabbiette degli anni ‘40-’50 e, proprio grazie a questa passione, ha conosciuto il calciatore Roberto Baggio.

«Tutto era collezionato e catalogato, ogni sasso e sassetto riporta il dove, quando, come, cosa e perché. Ci criticava perché nelle nostre foto non scrivevamo nulla».

«Non è che si andasse fuori come facevano le mie amiche. In giardino la sera, silenzio di tomba e lui guardava il passaggio degli uccelli. Prendeva la bici e andava a controllare quelli di passaggio: se erano in riproduzione, se c’erano cose anomale rispetto al paesaggio che ricordava. In macchina non guardava la strada, ma gli uccelli: “Cos’è questo, guarda là, quanti sono?”».

All’estero lo chiamavano «L’uomo degli uccelli» sapeva tutto, anche il loro nome scientifico. Collaborava con un’associazione che li studiava, si alzava alle 4 di mattina, in giro per le isole, studiarli, pesarli, misurarli; era una vita molto spartana, ma vento, freddo e pioggia non gli pesavano pur di partecipare. I forestali gli portavano rapaci feriti da curare: tassi, falchi, poiane, di tutto.

«I bambini gli volevano bene, ce n’era uno appassionato di insetti che telefonava spesso. Alla scuola ambientale di Lupia portava i bambini alla scoperta della campagna, se lo ricordano anche adesso che sono cresciuti; c’è un uccellino che aveva curato lui, l’hanno chiamato Leo. Abbiamo vissuto una vita normale, 47 anni di matrimonio, la sua passione ha anche limitato un po’ la nostra vita, ma con i figli grandi si andava in un posto e poi io a vedere le vetrine e lui i musei. Lui era semplice, alla mano. A volte era anche molto schietto e diretto, non amava apparire. Alla presentazione dei libri, faceva sempre parlare gli altri».

«Per noi figli è stato impegnativo perché lui era esigente, anche se non dovevamo condividere per forza le sue passioni. È stata una bella sorpresa e ci ha fatto tanto piacere, scoprire tutta la gente che conosceva, il feedback avuto dal comune, la passione che aveva saputo trasmettere, la stima, perché come figlio vedi in modo diverso. Le amicizie erano le più varie, lo apprezzavano tutti, nonostante qualche sua esagerazione. Soprattutto dopo la pensione, perché questo non era il suo lavoro, per lui è stata una liberazione tirarsi fuori dal ruolo sociale che abbiamo tutti ed essere libero di esprimersi».

Era contrario al consumismo, cercava sempre di aggiustare tutto, di comprare qualcosa di nuovo solo se indispensabile.

Laura Sibola e Michele Carlotto«Gli dicevo “Cambiati, che dopo vai in piazza e la gente pensa ‘Ma come lo veste quella donna’”, ma a lui non interessava».

Gli piaceva anche visitare altri paesi per scoprire le differenze e c’era sempre la speranza di vedere qualche animale.

«Quella volta in Egitto era sparito. È tornato la sera, si era perso, perché era andato in cerca di alcuni egiziani esperti di animali. Ha vissuto una vita molto semplice, ma penso che l’abbia vissuta bene la sua vita, le sue passioni se l’è tolte. E ha lasciato il segno, una grande ricchezza».

La critica d’arte Francesca Rizzo lo ricorda così:

«Leonardo è stato un grande innamorato del proprio paese e custode delle sue memorie, amante della vita, della storia, dell’arte e di ogni creatura. Goliardico e scherzoso, ironico e all’occasione battagliero per difendere il territorio da abusi impropri, è stato un maestro che ha lasciato il segno. Nell’ottobre del 2015, mi raccontò un suo sogno in cui Dio gli chiedeva cosa volesse. E lui: “Ridammi per favore i bei fossi di una volta!”».

Articolo pubblicato nel settimanale Schio & Thiene Week del 28.04.2018

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