Nel Paese di là dal mare

nel paese di là dal mare, kamasutra

Ho scritto questa filastrocca molti anni fa, quando lavoravo negli uffici immigrazione della provincia di Vicenza, che ne dite?

Nel paese di là dal mare,

lo straniero può soltanto lavorare

– non come qui, dove è accolto, rispettato e aiutato

fino ad essere perfettamente integrato –

lì non c’è tempo per pensare

“Avanti, lavorate! La produzione non si può fermare!”

Nel paese di là dal mare,

lo straniero deve farsi identificare,

la presenza e il lavoro certificare,

perché la polizia lo vuole controllare.

“La carta azzurra devi sempre mostrare,

e ogni anno la dovrai timbrare

se qui in regola vuoi restare!”

“Ma io il lavoro non posso lasciare!

Quando la carta devo timbrare,

il padrone non mi permette di andare!

E poi la gente comincia a protestare,

Quando ci vede in fila ad aspettare

Ci dicono: “Andate a lavorare!

Invece che cantare, parlare e l’asfalto sporcare!”

Nel paese di là dal mare,

la gente, degli stranieri comincia a sospettare,

“l’identità e il lavoro ci vogliono rubare!

La nostra razza vogliono inquinare!

Solo criminali e clandestini vediamo arrivare!

Sono bugiardi, le carte sanno falsificare,

E occupano le nostre piazze per chiacchierare”

Tre amici, stanchi di queste tensioni

Decidono di organizzare cortei, scioperi e manifestazioni.

Lo slogan è “L’immigrato dobbiamo proteggere e tutelare!”

Carlo, Ciro e Ugo fondano “Insieme” l’associazione.

“Saremo forti, uniti tutti e tre! Iniziamo la programmazione!”

Nel paese di là dal mare,

gli anni lenti iniziano a passare.

Mentre Carlo, Ciro e Ugo continuano a lavorare,

Gli stranieri è sempre più difficile aiutare.

Sempre più carte ci sono da timbrare

E sempre più tempo bisogna aspettare.

Pensano avvocati e consulenti

“Questo è pane per i nostri denti!

Avremo dei grossi proventi,

se gli stranieri saranno nostri clienti!”

E nei muri compaiono cartelli eloquenti

“Per poche lire, timbreremo noi i vostri documenti”.

Nel paese di là dal mare,

un poliziotto si è voluto licenziare

“Vado in pensione! Sono stanco di lavorare!”

Dopo alcuni mesi di pensione,

Gli è venuto un grosso magone

Vedendo dei consulenti l’affarone.

“Stranieri, non è giusto che subiate questi trattamenti,

ingrassando Ugo e gli avvocati con i vostri proventi,

venite da me. Per voi diventerò missionario

conosco gli uffici, non è niente di straordinario!

Parlo io con la polizia. Tranquilli!

Li butto giù come tanti birilli”.

Così inizia ogni giorno ad andare

Nei vari uffici le cause a espletare,

mentre nelle strade appende cartelli

“Venite da Aldo, sarete trattati come fratelli!”

All’inizio, Aldo lavora gratuitamente,

chiedendo un rimborso spese solamente,

ma un po’ alla volta i prezzi ha fatto lievitare

e ora una grossa cifra bisogna sborsare.

Però, risolve tutti i problemi

Chi va da lui, non ha più patemi.

Nel paese di là dal mare,

dei centri di accoglienza han voluto fabbricare.

“Dei centri, non possiamo fare senza,

ci vuole un minimo di decenza!

Quando sbarcano, in giro se ne vogliono andare,

ma noi li vogliamo imprigionare

in attesa di poterli rimpatriare”.

Alcune barche affondano in mare,

i pescatori, a picco, le vedono colare,

e molti stranieri annegare.

Chi si salva, viene rifocillato,

per essere al suo paese rimandato.

Nel paese di là dal mare,

le associazioni, coi ministri, cominciano a protestare:

“Perché le Convenzioni firmate volete ignorare?”

Anche i Presidenti Internazionali,

li richiamano ai doveri istituzionali,

ma loro continuano per la stessa via:

“Non è nostra colpa se in questa democrazia,

bugie e disinformazione

la fanno da padrone!”

Nel paese di là dal mare,

un cupo cimitero il mare han visto diventare,

unico depositario di tanti stranieri sogni,

sguardi, volti, speranze, desideri e bisogni.

L’acqua laverà tutte quelle sofferenze

accogliendo in sé tutte le esperienze,

e, come un pietoso grembo materno,

custodirà tutti, in eterno.

Nel paese di là dal mare,

nessuno più lo straniero vuole aiutare.

C’è solo qualche solitario idealista

Inascoltato, deriso e beffato: lo chiamano buonista!

Questa triste storia finisco di raccontare

Sapendo che qui mai potrà capitare,

questo mi permette di gioire,

e di continuare a stupire:

guardandoti negli occhi potrò vedere,

in te, riflessa, l’immagine straniera

di me, sconosciuta forestiera.

E tu, cercando nei miei occhi l’identità,

Ci troverai, riflessa, la tua estraneità.

E a specchiarsi ci vuole molto coraggio

Nello sguardo altrui – anche se è così saggio!

Però è l’unico modo per proseguire

Un percorso che non potrà mai finire,

il sogno di un mondo variegato,

meticcio, ibrido e colorato.

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