Next, mio articolo per Warscapes

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Alcun mesi fa sono stata contattata dalla prestigiosa rivista online “Warscapes”, che si propone di pubblicare scrittura, arte, analisi e prospettive dalle regioni del mondo in conflitto. La rivista, edita da un anno, e letta in 178 paesi, fra i suoi autori annovera nomi quali: Nuruddin Farah, Maaza Mengiste, Shashi Tharoor e Dinah Mengestu.

Ora Warscapes ha pubblicato una retrospettiva sui visti con un focus particolare sulla disumanizzazione a cui porta la burocrazia. All’interno dello speciale trova posto un mio articolo dove, partendo dalla esperienza vissuta in 15 anni di lavoro negli sportelli immigrazione del vicentino, racconto alcuni aspetti della stessa partendo dalle storie contenute nel mio libro “Avanti il prossimo”. Qui sotto trovate la prima parte dell’articolo.

La legge sull’immigrazione è il metro per misurare il grado di democrazia di un Paese.

Gaetano Campo, magistrato, Corte d’appello di Venezia

 Premessa:

Verso la metà degli anni 70 l’Italia è diventata paese di immigrazione, invertendo la tendenza precedente. Ciò è dimostrato dalla relativa legislazione, in particolare quella sulla cittadinanza, finalizzata a tutelare i nostri emigranti. In Italia vige ancora lo jus sanguinis, il diritto di sangue cioè è cittadino italiano chi discende da cittadino italiano. Infatti i figli di immigrati nati e vissuti sempre in Italia, sono considerati stranieri e possono chiedere la cittadinanza soltanto fra il diciottesimo e il diciannovesimo anno di età. Per capire di cosa stiamo parlando, ecco alcuni dati che riguardano le concessioni di cittadinanza: esse corrispondono allo 0,9% (meno di 70.000 all’anno) contro il 3,5% della Francia e il 4,5% del Regno Unito.

Le leggi in materia sono sempre state emanate per motivi esterni ed eccezionali (l’assassinio di Jerry Masslo a Villa Literno, per esempio, in seguito al quale è stata emanata la legge 39/1990), finalizzate al controllo e all’ordine pubblico. Anche se, nei loro principi fondamentali, sostengono i diritti dello straniero, il divieto di discriminazione, l’integrazione culturale, sociale e civile, nella pratica, le cose non stanno così.

Inoltre le leggi che si sono succedute, sono state precedute da sanatorie o regolarizzazioni, perché, non esistendo la possibilità di entrare regolarmente in Italia per cercare lavoro, questo era l’unico sistema per regolarizzare chi era presente sul territorio da anni in modo irregolare, evitandogli le sanzioni previste dalla nuova legislazione. Il sistema del decreto flussi e delle quote d’ingresso è assolutamente inadeguato (in proposito vedasi considerazioni della Corte dei Conti), come pure tutte le procedure riguardanti le pratiche burocratiche, a partire dalla richiesta del visto d’ingresso fino alla richiesta del permesso di soggiorno, del ricongiungimento familiare, della cittadinanza e di qualsiasi altra documentazione sia necessaria per vivere regolarmente in Italia.

Le modifiche normative sono decontestualizzate, generalmente camuffate all’interno di leggi che nulla hanno a che fare con le migrazioni (legge finanziaria, decreto milleproroghe e così via); quasi sempre sono approvate in periodi dell’anno in cui gli italiani sono distratti (Ferragosto, periodo natalizio…), presentate di nascosto, senza nessuna pubblicità mediatica o altro; solo gli addetti ai lavori, con grande fatica, riescono a conoscere le novità. I media, anziché tentare di comprendere il fenomeno, approfondendolo tramite inchieste e reportages, si sono sempre limitati a seguire le “veline” istituzionali. Questo ha reso l’immigrazione facile preda di pregiudizi, stereotipi e false notizie. Da un lato c’era la difficoltà di comprendere a fondo meccanismi complessi e farraginosi, dall’altro l’incapacità di contrastare le notizie false con i fatti reali. Così la situazione dei migranti era conosciuta soltanto da una ristrette schiera di eletti, quali gli addetti ai vari uffici, le organizzazioni sindacali, di categoria, le associazioni di volontariato.

Un primo risultato di questa situazione è stata la nascita e proliferazione di agenzie private di pratiche per migranti che, in cambio di cifre altissime, promettevano di sbloccare le pratiche ferme nei vari uffici, oppure visti d’ingresso, sanatorie ecc.; l’inscindibile legame del permesso di soggiorno al contratto di lavoro ha portato a un’estesa serie di truffe ai danni di migranti: si va dalla promessa di acquisire un permesso di soggiorno, proposta da sedicenti avvocati o commercialisti in cambio di laute somme di danaro, ai falsi contratti di lavoro o di affitto che molti italiani e stranieri forniscono, sempre in cambio di danaro.

L’altro aspetto di questa situazione è l’estrema precarietà in cui i migranti vivevano e vivono tuttora; l’impossibilità di programmare la propria vita in Italia, a maggior ragione in questo periodo, con la crisi che fa perdere posti di lavoro. Ci sono persone che hanno investito in mutui trentennali, convinti che sarebbero rimasti per sempre in Italia e che ora, avendo perso il lavoro, non sono più riuscite a rinnovare il permesso di soggiorno. Persone che magari sono fuggite da situazioni di guerra (Kosovo, ex Jugoslavia) e che non troverebbero nessuna possibilità nel loro paese.

Il senso del mio lavoro:

Avanti il prossimo copertinaHo lavorato 15 anni negli sportelli immigrazione dei principali comuni della provincia di Vicenza. Si tratta di una provincia ricca, che è sempre stata generosa di posti di lavoro – ora c’è la crisi, ma fino a qualche anno fa non c’erano problemi. Quindi il percorso dei migranti era, dopo l’arrivo, venire su in Veneto e a Vicenza, per lavorare. All’inizio del 2011 i non italiani presenti in provincia erano 96.478 su una popolazione totale di 873.772; a Vicenza città, invece, si contavano 18.617 stranieri su un totale di 115.655 residenti. È importante sottolineare che in questo calcolo non sono compresi i militari statunitensi presenti nella caserma Ederle.

Il paradosso è che, in una provincia in cui i migranti vengono per lavorare, perché sanno che il lavoro c’è, il controllo è esasperato e la legislazione applicata alla lettera, al punto che, alcuni anni fa, la questura rilasciava permessi di soggiorno della durata di soli 6 giorni agli interinali con contratti di una settimana.

Le storie che ho raccolto erano state in parte pubblicate dall’agenzia stampa Migranews che aveva il grosso merito di far scrivere quasi esclusivamente i migranti. In seguito ho sentito il bisogno di metterle insieme quelle storie di piccole e banali burocrazie, di rendere pubbliche quelle sopraffazioni, prevaricazioni, lungaggini inutili e continue incertezze.

Ho così messo insieme 65 storie esemplari dal punto di vista dell’assurdità burocratica; brevi flash che illuminano gli aspetti più semplici e comuni nella vita di una persona. Ho inoltre raccontato la gestione dell’immigrazione in provincia di Vicenza a partire dal 1990, quando i sindacati locali costituirono un’associazione per supportare i migranti ed essere un “filtro” nei loro rapporti con gli uffici pubblici, in particolare la questura. Nel libro ha trovato spazio anche la spiegazione dei termini tecnici legati al fenomeno migratorio e l’approfondimento della legislazione e delle modifiche intervenute nel tempo.

Conclusione:

Questi sono soltanto dei piccoli esempi di come la burocrazie italiana soffochi la vita dei migranti, impedendo loro di avere una vita tranquilla e serena nel nostro Paese. Chi lavora nel settore ritiene che tutta questa complessità sia creata ad arte proprio per far sentire i migranti sempre precari, in bilico, senza certezze… Per poterli controllare meglio, e soprattutto per far loro sentire sempre che sono continuamente controllati.

Una debole speranza viene dalle legislazioni internazionali e dell’Unione Europea, che l’Italia è tenuta a recepire, che, avendo una visione più aperta del fenomeno migratorio, riescono a produrre una legislazione più attenta ai diritti delle persone. Ne è un esempio la legge sui respingimenti che ha costretto l’Italia a modificare la propria legislazione relativa ai Centri di Identificazione ed Espulsione (veri e propri lager moderni), e più in generale alle espulsioni.

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