Operazione militare umanitaria
Qui sotto potrete leggere le considerazioni del Professor Fulvio Vassallo Paleologo, dell’Università di Palermo, sulla “grande operazione militare umanitaria” che inizierà domani.
Il video in fondo al post è tratto dal quotidiano “La Repubblica”. Vorrei segnalare in particolare, il continuo riferirsi ai migranti da parte del giornalista, con il termine “clandestini”, in costante violazione della “Carta di Roma” e del più elementare buon senso: ormai anche i bambini dell’asilo sanno che chi fugge dai paesi nordafricani è un richiedente asilo: allora, perché ostinarsi a chiamarli clandestini? è così difficile, per un giornalista, usare le parole corrette?
PATTUGLIAMENTI “UMANITARI” NEL CANALE DI SICILIA
di Fulvio Vassallo Paleologo
Da domani pattugliamenti “umanitari” . Si parla di triplicare i mezzi navali impegnati nel Canale di Sicilia. Comunque, se lo fanno, un passo avanti. Si vede che Frontex non è ancora impiegabile e forse non lo sarà mai, davvero in funzione di salvataggio, visto che il suo compito precipuo è proteggere le frontiere (non le persone). E l’Europa degli egoismi nazionali non ci vuole spendere altri euro, dopo avere ridotto il budget di Frontex di un quarto circa , passando dai 121 milioni di euro del 2012 agli 89, circa dell’ultimo anno.
Al di là del richiamo rituale all’Europa, le responsabilità principali di salvataggio incombono sugli stati, anche in base al diritto internazionale, e Frontex ha soltanto, per il suo stesso statuto, un ruolo complementare e non sostitutivo.
In effetti quest’anno le aree di operatività dei nostri mezzi navali ed aerei si era limitata alle coste di Lampedusa e della Sicilia orientale, con l’utilizzo degli stessi mezzi aero-navali che avevano da coprire un’area doppia rispetto al passato. Questo perché qualcuno aveva ritenuto prevalente dare la caccia alle fantomatiche “navi madre” ed ai barconi sulla rotta dall’Egitto verso Siracusa e Catania. Al punto che alcuni interventi di soccorso a sud di Lampedusa sono stati operati con elicotteri partiti da Catania.
Oggi, dopo tutti questi morti, non basta inviare navi.
Vanno riviste le intese operative con le forze di polizia libiche, sulle quali si continuano ad addensare pesanti sospetti, anche perché in Libia esistono le milizie armate, più che una forza di polizia statale, come la intendiamo noi, e come si continua ad “inventare” per dare esecuzione agli accordi bilaterali di cooperazione tra le forze di polizia, stabiliti dai Protocolli operativi firmati nel dicembre del 2007 da Manganelli e dal ministro dell’interno (allora) Amato, poi recepiti integralmente nel Trattato di amicizia Italia Libia firmato da Berlusconi e Gheddafi nel 2008, e successivamente ridefiniti con altre intese stipulate da Maroni, che arrivò a consentire i respingimenti collettivi poi condannati dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo (caso Hirsi).
Forse con l’aumento dei mezzi impegnati dalla nostra marina, con la professionalità ed il senso di umanità che contraddistingue la nostra guardia costiera, si potranno ridurre le vittime, ma certo le stragi non finiranno per questo. E nessuno vede quello che sta succedendo in Libia ed in Egitto ai danni dei profughi siriani, eritrei e di altre nazionalità in transito in quei paesi.
Se non cambiano le politiche europee in tema di immigrazione ed asilo, se si continua a ragionare come fa il ministro Alfano che parlava ancora ieri di “partenze illegali”, dobbiamo dunque prepararci ancora al peggio. Gli accordi con la Libia rimangono ancora in vigore, e non sono neppure chiari i limiti di intervento delle motovedette regalate dall’Italia a Gheddafi. Le partenze, meglio, le fughe di profughi da quel paese continueranno. Ed altri arriveranno dall’Egitto, dove si è pure sparato sui profughi in fuga dalla Siria.
Occorre attrezzare al più presto un’area di emergenza sanitaria a Lampedusa, che sarebbe utile anche per i suoi abitanti, ed allestire un sistema stabile di comunicazioni navali ed aeree da questa isola verso gli altri porti siciliani, in modo da evitare la congestione dell’isola dopo gli sbarchi e quelle scene pietose alle quali abbiamo assisitito ieri, con l’imbarco delle bare sulla nave come se si trattasse di merci, senza che vi fossero mediatori capaci di avvertire ed assistere i parenti.
Del sistema di accoglienza italiano ne parliamo un’altra volta…
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!