Per i migranti morti nel Mediterraneo
“Lettera dal fondale del Mediterraneo” di Hamid Barole Abdu
Cara mamma, ti scrivo da un acquario
uno spazio infinito e senza mormorio
dove tutti dormono sonni profondi
come le mummie dei faraoni.
Qui il tempo non è scandito da notte e dì
c’è tanta pace, è una vita da angeli
un vero Paradiso nel fondale marino,
si vive senza acqua e senza cibo
non si lavora e non si fa nessun attività
ci si rilassa in eternità.
Cara mamma, ti chiedo scusa
quando me ne andai non dissi nulla
la partenza fu per me uno scherzo
avrei voluto salutarti e darti tanti baci,
farmi stringere dai tuoi abbracci
come hai sempre fatto prima che io uscissi
per andare a scuola o per giocare.
so che mi perdonerai
nelle preghiere mi ricorderai
Cara mamma, ho tanta voglia di scriverti,
le mie avventure sono tante:
era la prima volta che salpavo sul barcone
con altri coetanei del quartiere.
Il mare era sereno con un bel sole
l’alba silenziosa senza parole
gabbiani sopra le nostre teste volavano
a modo loro ci auguravano un buon viaggio.
Dopo alcuni giorni senza acqua né cibo
con occhi sbarrati notte e giorno.
Il barcone in mezzo al mare
il motore smise di funzionare.
Le nostre risate furono interrotte dal panico
onde alte iniziarono a farci sollevare,
e tutti coperti dal barcone rovesciato
nessuno di noi sapeva nuotare
e così fummo risucchiati in fondo al mare.
Cara mamma, ti ricordi quando ero bambino,
una gran paura avevo dell’acqua
persino nella bacinella non volevo lavarmi
mi versavi l’acqua con i piedi inchiodati per terra.
Cara mamma, ti scrivo da qui:
dal fondale abitato da gente di tutto il mondo
piccoli, adulti e famiglie intere
una grande comunità
scheletri nel limbo in fondo al mare.
Cara mamma, prega per noi:
“L’eterno riposo dona a noi o Signore,
splenda a noi la Luce perpetua
riposiamo in pace. Amen”
“Rinnoversi in segni … erranti”, 2013
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