Profughi: ospitali a casa tua!

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Profughi, ospitali a casa tua

Ospitali a casa tua! Ci sentiamo continuamente ripetere.

Intervengo sul dibattito di questo periodo a proposito dei profughi in Veneto. In questo articolo in particolare intendo riferirmi alla trasmissione di Rete Veneta “Focus”. Martedì 28 aprile ho potuto assistere all’ultima parte dell’intervento di Sergio Berlato. L’ho sentito urlare: “Voi sinistri portateveli a casa vostra”.

Ora, lasciamo perdere la maleducazione di Berlato e l’ovvietà del dire sempre: “Portali a casa tua”, sappiamo che è il discorso preferito da chi non ha argomenti validi a sostegno delle proprie tesi.

Facciamo un passo indietro e chiediamoci cosa significhi essere parte di una società e vivere in uno Stato. È semplice, ci sono dei diritti e dei doveri e c’è condivisione. Quindi, semplificando al massimo, noi cittadini rinunciamo a una parte della nostra libertà per permettere allo Stato di farsi carico dei bisogni di tutti. Questo contratto che ci lega all’interno della società fa sì che, attraverso il sistema del welfare, noi lasciamo una parte del nostro reddito, pagando imposte e tasse che lo Stato utilizzerà per prendersi cura dei bisogni di tutti. Non ci interessa, ai fini di questo ragionamento, discutere sull’efficacia attuale del sistema italiano. Ecco quindi che non ha senso parlare di “Portarli a casa tua”, perché nessuno si sognerebbe mai di dire a qualcuno, per esempio, di portarsi a casa un malato in fase terminale perché in ospedale non c’è posto, o perché non ci sono soldi.

La gestione dei profughi è a carico dello Stato che, per far fronte alle spese, attinge ai fondi dell’Unione Europea dedicati. Più sotto potete vedere i grafici (fonte Ministero dell’Interno) che illustrano l’attuale situazione del Veneto.

Detto tutto questo ritengo che sarebbe una scelta estremamente intelligente permettere alle famiglie che lo desiderano di ospitare un profugo. Ci sono già diverse realtà che hanno preso in considerazione questa opportunità. Cristina Muratore, candidata bellunese della lista “L’Altro Vento. Ora Possiamo!”, ha fatto questa proposta al prefetto di Belluno. Si è sentita però rispondere che solo le strutture convenzionate possono effettuare l’ospitalità.

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Nei giorni scorsi è esplosa un’altra polemica legata al fatto che alcune prefetture hanno stipulato accordi, tramite contratti d’affitto o comodato, con persone che avevano disponibilità di immobili sfitti. Questo ha scatenato una campagna di raccolta firme da parte di esponenti leghisti che stanno utilizzando ogni occasione per usare in modo vergognoso la tragica situazione in cui versa chi fugge dalle guerre, per puri scopi elettorali.

Ma a parte le campagne di odio che si ritorceranno contro chi le ha scatenate, ritengo che sarebbe il caso di ripensare a questo, permettendo a chi lo desidera di aprire le porte della propria casa. Otterrebbe in cambio, come succede attualmente per tutte le strutture, il contributo di 35 euro giornaliere e questo permetterebbe di aiutare il profugo inserendolo in un ambiente familiare. Questo permetterebbe a tutti di approfondire senza fatica la conoscenza, perché l’ospite sarebbe uno di famiglia, che fa la spesa con noi, ci aiuta nelle faccende insegnandoci la sua cucina e la sua lingua, come noi gli insegneremmo le nostre, in un interscambio ricco e fecondo. E non ci sarebbero più 20, 30, 40 persone sedute nel cortile di un albergo senza poter fare nulla se non creare inutile preoccupazioni nel primo vecchietto che passa (ricordiamo che, in attesa della valutazione della pratica, i richiedenti asilo non possono lavorare e neppure fare attività di volontariato).

A volte ci sediamo fuori dall’albergo. Un giorno è arrivata un’anziana, ha fatto il giro, è tornata da noi – non ci conosciamo – si è fermata e ci ha detto: “Voi avete mangiato tutti i soldi degli italiani e adesso dovete tornare al vostro paese”. L’ha detto due volte.

Dall’intervista a Mohammed, tratta dal libro da me curato: “Il sole non dimentica nessun villaggio”, ed. Kellermann

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