Recensione di El-Ghibli per “Il sole”

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Nigrizia, Il sole non dimentica nessun villaggio, recensione el-Ghibli

Ebbene anche la prestigiosa rivista di letteratura della migrazione “El-Ghibli” (in redazione fra gli altri Pap Khouma, Gabriella Ghermandi, Candelaria Romero, Christiana de Caldas Brito, Kossi Komla-Ebri, Mihai Mircea Butcovan), tramite Raffaele Taddeo, ha recensito il libro “Il sole non dimentica nessun villaggio”. qui sotto trovate il manifesto della rivista, più giù invece, c’è la recensione.  Buona lettura.

El Ghibli è un vento che soffia dal deserto, caldo e secco. È il vento dei nomadi, del viaggio e della migranza, il vento che accompagna e asciuga la parola errante. La parola impalpabile e vorticante, che è ovunque e da nessuna parte, parola di tutti e di nessuno, parola contaminata e condivisa.

È la parola della scrittura che attraversa quella di altre scritture, vi si deposita e la riveste della polvere del proprio viaggio all’insegna dell’uomo e del suo incessante cammino nell’esistenza.

Cosa contraddistingue la migranza, la scrittura migrante, al di là della lingua in cui si esprime? L’identità multipla di cui è composta, la stratificazione di destini e progetti futuri che ne guida la voce. Una formula ogni volta differente che fa sì che in ogni momento sia altra, straniera a se stessa, in un continuo rinnovamento della propria volatile essenza.

El Ghibli, la rivista del vento, è la prima in cui la redazione è composta da scrittori migranti. Si tratta dell’unione collaborativa di individualità ben distinte, ognuna espressione di una composizione alchemica assolutamente unica ed irripetibile, risultato di una personale e composita avventura biologica e culturale, che nella differenza accomuna storie e destini.

E per dare vita ad un progetto letterario che, muovendo dalla migranza, riconsideri consapevolmente la parola scritta dell’uomo che viaggia, che parte, che perde per sempre e che per sempre ritrova.

Un progetto letterario che parli del viaggio in movimento e di quello immobile.

Da cui le quattro sezioni principali della rivista: “Racconti e poesie”, per gli scrittori migranti in Italia, che usano l’italiano come lingua d’espressione letteraria; “Parole dal mondo”, per gli scrittori migranti non italiani nel mondo; “Stanza degli ospiti”, un tributo di ospitalità agli scrittori stanziali italiani e stranieri – i viaggiatori immobili – con cui è sempre più necessario interagire e collaborare per un arricchimento reciproco. “Generazione che sale”, dedicata a bambini e ragazzi, italiani e migranti, vuole essere una sintesi di tutte le altre sezioni, una scommessa in un futuro in cui tutto questo sarà finalmente ovvio: l’importanza sovranazionale della nostra necessità di comunicazione orale e scritta, l’ordinaria transumanza del nostro destino di artefici di parole, la sacralità delle parole sempre più contaminate e bastarde che ci sopravviveranno, di quelle “reliquie – come le definisce lo scrittore ungherese Deszo Kosztolànyi – santificate dalla sofferenza e sfigurate dalla passione”.

Roberto Camilotti (a cura)

Il sole non dimentica nessun villaggio
Kellermann    2013

Raffaele Taddeo

“La scrittura è un modo attivo di prendere possesso del mondo; potevo diventare onnipotente piuttosto che essere una vittima; scrivere diventò un modo di elaborare, di ordinare, quello che sembrava un caos“, così si esprime Kureishi.  L’importanza della scrittura come fattore di liberazione, di riorganizzazione del mondo è stata sottolineata in un recente convegno tenutosi nel  giugno 2013 per festeggiare il decennale della rivista el-ghibli. E’ pur vero che nel testo IL sole non dimentica nessun villaggio, non si tratta di scritti, ma di interviste, tuttavia l’intenzione di rielaborare un proprio passato, di affidarlo anche verbalmente a chi ne avrebbe poi fatto una stesura scritta rende le interviste, sotto molti aspetti, molto simili a vere e proprie stesure personali.Il cole non dimentica nessun villaggio, recensione El-Ghibli

Non è noto il questionario posto ai migranti intervistati, anche se è abbastanza agevole comprendere che vi è una matrice comune, modificata parzialmente a seconda di come si svolgeva l’intervista. La forte emotività,  che a volte viene segnalata durante lo svolgimento della comunicazione orale, sta a testimoniare il forte impatto che la memoria delle cose mantiene sul presente e sulle condizioni del presente. E’ evidente che si è voluto cercare di comprendere le ragioni della scelta migratoria ed appare quasi generale il fatto che la/le guerre sono una delle cause, se non quella principale che inducono le persone a spostarsi, spesso per non essere vittime certe e non solo potenziali.

Come è pure generale l’incubo provato dai migranti  nel ricordare l’attraversamento del deserto per arrivare in Libia; viene  denunciata la corruzione; l’atteggiamento razzistico dei libici nei confronti delle persone di colore. Ancor più sorprendente è la conferma della notizia che Gheddafi abbia cercato di mettere in difficoltà l’Italia e l’Europa, durante le fasi della guerra civile, mandando via mare un gran numero di profughi, mentre prima si era impegnato a bloccare le partenza di migranti dalle coste libiche. Infatti vengono imbarcate nei mezzi navali di fortuna  persone che non avevano nessuna intenzione di venire in Italia.

Nell’Africa i viaggi sono sempre avventurosi, privi di certezza, e in balia degli imprevisti più strani e i migranti, quando intraprendono un percorso migratorio non sanno assolutamente a quali disavventure vanno incontro.

In genere gli intervistati si soffermano positivamente sull’accoglienza avuta in Italia, ad eccezione dell’ultimo  che invece denuncia tutta una serie di manchevolezze e vessazioni a cui era stato sottoposto,  specialmente perché non si teneva in nessun conto il fatto che la sua religione gli impediva di mangiare cibo, carne, che non fosse trattata secondo i costumi islamici. Né a lui né ed altri mussulmani veniva offerta alternativa, come carne halal oppure pesce. Spesso era anche oggetto di insulti, così che la sua intervista è risultata piuttosto un’invettiva. Intanto è positivo che la si  sia pubblicata ugualmente, senza alcuna remora, inoltre certamente testimonia una situazione che se non è così deficitaria come sostiene Mohamed, certamente emerge qualche pecca non rilevata dagli altri migranti, che forse si sono autocensurati.

Ma proprio la forte denuncia espressa e veicolata attraverso uno scritto può rappresentare per Mohamed (nel caso leggerà o si farà leggere la sua testimonianza) un inizio di liberazione perché come abbiamo visto con Kureishi, la scrittura, il riportare il proprio passato può significare un ricostruire la realtà, un cercare di riannodare le sue fila che molte volte ci scappano via.

 Aprile 2014

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