Scopriamo lo SVE insieme ai volontari di Sandrigo

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Volontari Sve

Il Servizio Volontario Europeo-SVE è un’esperienza di volontariato internazionale rivolta a giovani dai 17 ai 30 anni e finanziato dalla Commissione Europea. Permette loro di vivere fino a 12 mesi all’estero prestando la propria opera in un’organizzazione no-profit. 

La Cooperativa Margherita ospita ormai da tempo sei volontari Sve che ci hanno raccontato la loro esperienza.

L’intervista che potete leggere è integrale, molto più lunga di quella che è stata pubblicata a suo tempo sul settimanale SchioThieneWeek: godetevi la saggezza e l’entusiasmo di questi giovani!

Noelia, spagnola di 29 anni:

Per me lo Sve è un progetto che ci ha dato l’opportunità di scoprire una cultura diversa, imparare una lingua, conoscere persone intanto nell’ambito del lavoro :persone diverse come la cooperativa e la comunità Per esempio, l’area che io ho scelto del progetto come lavoro, è un po’ l’area della mia professione quella che studiato e non è tanto diversa. Ma i miei compagni, hanno studiato una cosa completamente diversa che non c’entra niente con il sociale, e questa opportunità dà la possibilità di avvicinarsi e scoprire cos’è l’area sociale. Sono sicura che tutta questa esperienza  non avrei potuto averla senza l’aiuto dell’UE. Come avrei fatto a venire in Italia e fare questo lavoro da sola? Penso che sia una crescita non solo per l’aiuto che ti danno su dove vai, ma per la tua crescita personale.

Il problema con lo Sve è che è poco conosciuto da noi, meno che in altri paesi io l’ho scoperto per caso. Ho fatto la scuola per interprete della lingua dei segni e poi la scuola sociale; a 29 anni ero nel limite perché si può partecipare solo fino a 30 anni. Finita l’università ho lavorato un po’ e poi ho fatto lo SVE: ora o mai più.

Oana, romena di 29 anni:

Come Noelia ho 29 anni e prima ho studiato giurisprudenza all’università, poi ho fatto un master in assistenza sociale sulla prevenzione dell’uso di droga, un po’ collegato con quello che succede qua, ma nello stesso tempo un po’ lontano da quello che facciamo qua. Ho lavorato un po’ prima, ma poi non è che ho avuto molto tempo per decidere, c’è stata anche la mancanza d’informazione: da noi non c’è nessuno che parla del servizio volontario europeo nell’università o liceo. Lo SVE è una cosa diversa, completamente nuova.

Abbiamo avuto dei coinquilini che fanno questo progetto a 18-19 anni perché sono informati prima di andare all’università, ma da noi non è una cosa conosciuta. Quando ho deciso che volevo andare all’estero per provare, per vedere come mi sarei trovata in un altro paese, all’estero, ho cominciato io a cercare e così ho scoperto che esiste la possibilità di fare questo tipo di progetto. Mi spiace sentire anche da altri coinquilini che lo SVE non è conosciuto e penso che noi siamo fortunate che abbiamo scoperto a 28 anni di essere in tempo per partecipare. È un’esperienza speciale di sicuro, un aiuto grande e importante per le cooperative che ricevono i volontari, ma anche per le comunità perché così c’è uno scambio di cultura, vedi un altro tipo di educazione, un altro modo di pensare, sia per loro che per te. Quando torni a casa, prendi quello che hai imparato qui e lo porti nel tuo paese e penso che questa sia l’idea dell’Unione Europea: mettere insieme le persone che sono di paesi e culture diverse a fare le cose insieme. Ma si capisce anche quello che è uguale, perchè alla fine tutti abbiamo gli stessi problemi, le stesse paure, è una cosa che ci fa capire che, anche se siamo diversi, siamo allo stesso tempo uguali.

È anche difficile da spiegare, un’opportunità molto utile; quando parliamo tra noi dico “vorrei che tutti potessero fare questa esperienza”. Lo consiglio a tutti, è un peccato che in tanti non sappiano che c’è questa opportunità. È un’esperienza che aiuta tantissimo, vieni qua che sei una persona e torni che sei un’altra persona.

Marilisa, 24 anni, arriva dalla Grecia:

Ho studiato politiche sociali ad Atene e trovato il progetto SVE per caso, all’improvviso. Subito dopo aver finito di studiare, non sapevo cosa volevo fare ed ho pensato “voglio capire un po’ anche la parte pratica anche in un ambiente diverso, come l’italia” e mi son detta “devo andare all’estero e fare quello che ho studiato”.

Ho la mia immagine della Grecia e adesso scopro cosa significa fare quelle cose in Italia; qui è molto meglio della Grecia, sono molto triste perché noi non abbiamo una politica sociale come qua: mi piacerebbe tanto fare un trasferimento, prendere quello che ho imparato qua e farlo vedere agli altri in Grecia. Non è solo la cultura dell’Italia, o lavorare ogni giorno, ma anche capire te stesso, non impari solo la cultura o la vita degli altri, ma impari su di te perché vivi da solo, lontano dalla tua famiglia, lontano dalle cose che sei abituato a fare, lontano dai tuoi amici, questo ti aiuta a capire te stesso, a capire il mondo, ti apre la mente.

Noelia: Anche secondo me non è solo il progetto, ma è anche la vita nella casa tra noi. Siamo di età, cultura e paese diversi e per qualcuno può essere difficile abituarsi a questo: come trovare un modo per vivere insieme in un clima buono di convivenza, capire i tuoi limiti, come comunicare. Se è difficile comunicare a casa tua, figurati per sei persone che arrivano da paesi e culture diverse!

Oana: Questa è una cosa personale, ma poi tu la puoi usare nell’ambito lavorativo. Impari come essere capace di dire quando qualcosa va bene o non va bene, come dire no e come dire sì: una cosa che viene da un ambito personale, cioé la convivenza nell’appartamento, poi è usata nel lavoro o nell’università. Quando stai studiano è tutto teorico e non sai cosa significa questa parte di lavoro: la convivenza fra sei persone tutte diverse, capire quello che va o non va e comunicare; ecco, io penso che aiuta tantissimo anche a livello personale e professionale. Tutto quello che fai non lo senti nel tuo paese, nel lavoro, perché avete tutti lo stesso modo di pensare e lo scopri qua, dalle cose più semplici come per esempio dare un bacio per salutare: per un tedesco è una cosa stranissima. Impari tantissimo quella che è la differenza, impari a essere attento perché la cosa più normale per te, è la cosa più strana per l’altro.

Noelia: Per non parlare della lingua. Tra noi ovvio che parliamo inglese. Non è così semplice: qualcuno parla come un madrelingua, altri no. Il livello d’inglese in Spagna è molto basso, all’inizio per me è stato difficile. Facciamo fatica a capire il compagno irlandese per il suo accento. Devi avere tanto impegno per parlare inglese nell’appartamento.

Oana: Anche perché c’è l’italiano qua al lavoro, poi parli con la famiglia nella tua lingua, c’è la fatica di capire come succedono le cose al lavoro, come succedono a casa e arrivi a sera che sei stanchissimo. Quando arrivi qua scopri che riesci a farlo, diventa tutto più facile. Troppe emozioni in una giornata, puoi sentirti felice, vuoi parlare e non riesci a farlo, c’è tanto stress.

I ragazzi non sono arrivati tutti insieme, ma scaglionati. Noelia tornerà a casa a Natale, Oana a metà febbraio, Marilisa in giugno.

Oana: Arriviamo sempre in periodi diversi. Prima c’erano altri tre compagni erano diventati come una famiglia, poi scopri che li devi lasciare, arrivano altri e sei tu che li devi aiutarli facendo loro il mentor, spiegando cosa significa la vita qui a Sandrigo e in cooperativa, anche questo è forte, si creano delle amicizie; poi, ognuno torna a casa e fa quello per cui aveva studiato o cose completamente diverse, ma sai che gli amici, anche se sono lontani, sono amici per la vita – hai vissuto insieme. Mi fa pensare a una famiglia: hai bambini, li cresci e poi diventano grandi e si fanno la loro vita. È importante anche questo ruolo:  aiutare i nuovi che vengono, penso che facciano bene a non mettere tutto un gruppo insieme, ma a lasciare noi a fare da mentor, perché siamo in grado di spiegare meglio ai nuovi le cose che abbiamo vissuto a differenza di Andrea, il nostro mentor della cooperativa che queste cose non le sa perché non le vive. Noi possiamo proprio spiegare, e poi saranno loro che diventano i “vecchi” Sve.

Noelia: quando vieni qua vorresti fare tante cose e non puoi, e anche questo è un modo per imparare come fare a fare le cose senza soldi, o a scegliere cosa fare. Magari ci sono persone che hanno avuto sempre quello che volevano e adesso qui devono imparare a scegliere cosa fare e a cosa rinunciare. E anche questa è una cosa molto importante da imparare per noi.

Oana: È molto bello lo Sve, però non è per tutti. Se fai questa scelta sei qua e se succede qualcosa di importante nella tua famiglia tu non puoi esserci, perché sei qui e per le persone che fanno questa scelta è difficile: lasci dietro una famiglia che ha bisogno di te o tu di loro e lo fai per scoprire, crescere, migliorare, ritornare con una cosa buona. Se succede qualcosa di grave nella tua famiglia, devi accettare che tu sei qui per fare una cosa importate per te e per il tuo futuro spiegarlo anche a te stesso, l’importanza di quello che farai dopo che farai lo scambio nel tuo paese. Quando arrivi piangi perché è difficile, non conosci la lingua, sei con 6 persone totalmente diverse da te, non hai più i tuoi spazi e la tua famiglia e tutte queste cose ti possono far piangere; solo che alla fine dell’anno di volontariato, quando parti piangi perché ti dispiace lasciare gli amici e tutti quelli che hai conosciuto. Questa è la parte alta dell’iceberg, dove tutti vedono la bellezza dello Sve, di viaggiare scoprire lavorare, ma dietro c’è anche questa parte che bisogna conoscere prima di partire. Può essere che per un altro questo non va bene e così dice: questo non è per me e va bene lo stesso, ma è importante saperlo prima per decidere. Se non sai niente… non parla nessuno di questo. l’importante è conoscerlo prima. Ognuno di noi che ha conosciuto sve farà pubblicità.

Marilisa: ci sono anche progetti piccoli di 2 mesi, puoi andare e provare e poi fare il progetto lungo di un anno.

Noelia: Parlavamo di quelli che arrivano dai paesi del nord sono più giovani e parlavamo del fatto che da loro ci sono più informazioni, loro lo fanno prima di arrivare all’università un po’ per divertirsi, un po’ per capire cosa significa abitare da solo senza i genitori; per noi invece serve per capire qual è la direzione da dare al mio futuro, ma non come esperienza personale di vivere fuori casa. Loro sono sui 18-23 anni, noi sopra i 23.

A questo punto Noelia, Oana e Marilisa, che sono arrivate da più tempo, vanno a chiamare e mi presentano, i nuovi volontari SVE, entusiasti anche se arrivati da poco.

Florence, francese di 26 anni:

Ho già fatto un servizio civile in Francia, un’esperienza nelle Filippine con persone con disabilità che è lo stesso che faccio qua con il Caleido. Mi è piaciuto tantissimo e volevo farlo di nuovo e al ritorno sono venuta qui e si trova molto bene perché le persone sono molto gentili e mi hanno accolta bene.

Ryan, 18 anni arriva dall’Irlanda del Nord:

Ho studiato nell’abito della salute e per tre mesi con i vigili del fuoco, sotto l’ente protezione civile. Così ho scoperto che volevo mettere a disposizione anche di altri paesi quello che avevo imparato e quindi sono venuto in italia. Ho avuto un incontro con la protezione civile in Italia e forse faremo attività insieme. Ero abituato a fare tutte queste attività anche a casa e non sento che sia impegnativo, le faccio volentieri anche qui perché ero interessato a fare attività diverse. Le attività che fa sono le stesse, ma qui le persone sono molto molto gentili e i bambini con cui lavoro mi insegnano come io insegna a loro. Nello stesso modo. È uno scambio.

Ah, a proposito… il vino è molto buono in Italia.

Marius, tedesco di 23 anni:

Ho 23 anni, ho studiato economia in Germania; mia sorella aveva fatto lo Sve in Polonia: era uno scambio tra i tedeschi e i polacchi. Era stata entusiasta e me l’ha detto. Così anch’io ho deciso di fare la stessa cosa dopo l’università. Venire in un paese con un clima più favorevole e provare una cosa diversa da quello che aveoa studiato scoprendo anche altri ambiti. Ogni giorno imparo qualcosa, l’attività è molto molto impegnativa ma nello stesso ti dà molto benessere.

Una piccola nota sulla foto: i ragazzi hanno chiesto di fare la foto davanti alla carta geografica. È una carta speciale: guardatela con attenzione, vederete tanti puntini che in realtà sono delle piccole foto dei volontari SVE che, nel tempo, hanno lavorato in Cooperativa Margherita. Potrete così capire anche da che Paesi arrivano e quanti sono.

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