Si sposa in Chiesa e regolarizza il soggiorno

prefetto cittadinanza, pacchetto sicurezza se ne va, matrimoinio regolarizza il soggiorno

Un matrimonio in Chiesa, celebrato alla cattedrale di Albenga, ha permesso ad un cittadino marocchino di regolarizzare la propria posizione.

È la storia raccontata nell’edizione di sabato scorso de Il Secolo XIX, di Amine, 28 anni, marocchino di Fez, senza permesso di soggiorno e Milena, 39 anni, albenganese, il cui matrimonio (riconosciuto in virtù del Concordato all’anagrafe del Comune di Albenga guidato da una sindaco leghista) ha consentito a lui di uscire dalla clandestinità.
Le vite dei due protagonisti di questa storia sono Milena, e Amine, laureato, cuoco, immigrato clandestino. I due si conoscono in ospedale dove lui viene ricoverato perché trovato svenuto in strada e lei perché voleva dimagrire. Restano in clinica 20 giorni, si frequentano e s’innamorano. Decidono di andare dal vescovo Mario Oliveri, vista l’impossibilità delle nozze in Comune, per convincere il prelato che si amano davvero e non è un matrimonio di comodo. Passano alcuni mesi, frequentano un corso prematrimoniale, ma alla fine a sposarli è il vescovo stesso ed i due registrano il nuovo status di famiglia in Comune.
Il sindaco leghista di Albenga, Rosy Guarnieri, afferma che è stata applicata la legge. “L’uomo – spiega il sindaco all’AdnKronos – lavorava in Italia con un regolare permesso di soggiorno. Quando i due hanno deciso di sposarsi lui non era in possesso del rinnovo del permesso, non so per quale motivo. Quindi l’ufficiale di stato civile non ha accettato la trascrizione della richiesta di matrimonio. Un provvedimento introdotto di recente dal ministro Maroni prevede infatti che per la pratica matrimoniale entrambi gli aspiranti coniugi siano in regola con le norme sulla cittadinanza e sul soggiorno in Italia”. “I due – continua il Sindaco – si sono rivolti alla Chiesa, che non richiede questo adempimento. Hanno seguito l’iter richiesto, corso prematrimoniale e altre pratiche, e sono stati sposati. È avvenuto nei primi giorni di aprile, poco dopo il mio insediamento. Il matrimonio, naturalmente, in base alla legge, è valido anche per lo Stato italiano. A questo punto l’ufficiale di stato civile ha registrato l’atto”. “Se è un modo per aggirare la legge Bossi-Fini non lo so – dice ancora il sindaco – non conosco la coppia”.
A conoscere gli sposi è invece don Berto Musso, arciprete della cattedrale, che ha celebrato il matrimonio. “In queste cose – spiega – andiamo con i piedi di piombo. Personalmente è il primo matrimonio del genere che ho celebrato, in passato abbiamo avuto altre richieste di questo tipo e non le abbiamo accettate. Quando i due ci hanno chiesto il matrimonio in chiesa, subito abbiamo risposto di no. Poi sono tornati una seconda e una terza volta, li abbiamo conosciuti e abbiamo capito che non si trattava di un espediente per ottenere la cittadinanza italiana e si è deciso di celebrare il matrimonio. Sono due brave persone, spero che lui trovi presto un lavoro”.
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