Il sostituto d’imposta
La dichiarazione dei redditi porta spesso con sé termini poco conosciuti o completamente oscuri. Troppo spesso gli esperti usano un linguaggio tecnico senza preoccuparsi di spiegarne il significato.
È il caso del sostituto d’imposta.
Per capire meglio il discorso, partiamo dall’inizio: la Costituzione italiana prevede che ogni cittadino debba contribuire ai fabbisogni collettivi in base alle risorse personali. Per dare seguito al dettato costituzionale, sono state emanati le leggi che regolamentano il prelievo fiscale dello stato nei confronti dei cittadini. In particolare la legge che ha introdotto il sostituto d’imposta è il Decreto del Presidente della Repubblica (D.p.R.) n. 600 del 1973 che, all’art. 64, comma 1, recita:
Art. 64 – Sostituto e responsabile d’imposta. [1] Chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto, deve esercitare la rivalsa se non è diversamente stabilito in modo espresso.
Nel caso di un lavoratore dipendente per “sostituto d’imposta” s’intende chi versa (anzi, anticipa) le imposte per conto del lavoratore stesso, trattenendo dalla busta paga la quota dell’Irpef da versare allo Stato in base all’ammontare del reddito. Questo versamento è da considerare un acconto, che il lavoratore dovrà provvedere a conguagliare in sede di dichiarazione dei redditi. Il sostituto d’imposta, infatti, non sa se il lavoratore ha avuto spese particolari, se ha diritto ad esenzioni o sconti fiscali, oppure se possiede altri redditi su cui deve pagare l’Irpef. Per questo i suoi prelievi sono automatici.
In sede di dichiarazione dei redditi si provvederà a comunicare allo Stato se il sostituto d’imposta ha trattenuto più soldi di tasse di quelli che si sarebbero dovuti pagare. Con il modello 730 (quello che utilizzano i lavoratori dipendenti o che fanno lavori considerati assimilati al lavoro dipendente), si provvederà a sistemare le cose tramite il cosiddetto conguaglio fiscale.
Si procederà cioè, da un lato, a sommare tutti i redditi (quelli da lavoro dipendente, quelli derivanti da affitti o proprietà di terreni e fabbricati, eventuali lavori occasionali, e così via), per avere il reddito imponibile complessivo; dall’altro a sommare tutte le spese (detrazioni e deduzioni fiscali legate alla tipologia di lavoro, familiari a carico, spese mediche, e così via.
Dalla differenza fra tasse già pagate, detrazioni e deduzioni a cui si avrà diritto, si potrà ricavare il totale delle imposte da versare. Se il totale già versato sarà superiore a quello da pagare, la differenza pagata in più sarà restituita dal sostituto d’imposta (il datore di lavoro), nella busta paga del mese di luglio, agosto o settembre (a seconda se si è dipendenti o pensionati; se lavoratori in enti pubblici o privati). Se invece si sarà pagato meno del dovuto, sarà sempre il sostituto d’imposta a trattenere dalla busta paga la differenza.
Questo sistema vale anche nel caso della ritenuta d’acconto, utilizzata dai lavoratori occasionali, dai collaboratori a progetto e, in alcuni casi, dai possessori di Partita IVA. In questo caso il sostituto d’imposta sarà la persona giuridica (ditta, associazione, ecc.), che avrà commissionato l’attività al prestatore.
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