Stefano racconta la sua esperienza di medico

,
Stefano Ferrarese

Dopo 42 anni di attività Stefano Ferrarese, geriatra, ha appeso il camice al chiodo. Ma non dimentica gli incontri straordinari durante gli anni di lavoro.

Stefano Ferrarese, geriatra, è andato in pensione il primo aprile 2018 dopo 42 anni di lavoro, in ospedale e come medico coordinatore dei servizi territoriali.

Cordiale, pacato e disponibile, si racconta diffusamente mettendo in risalto le molte esperienze vissute, mentre lo sguardo si illumina di una luce particolare quando parla della famiglia, della moglie Sandra Noaro, dei figli, dei nipoti e della passione per i viaggi.

«Io sono di Verona, al termine del liceo classico la professoressa di matematica mi disse che avrei dovuto fare l’ingegnere, lo zio voleva che facessi l’avvocato come lui. Ho scelto quello che sentivo più adatto a me e nel 1979 mi sono laureato in medicina e chirurgia. Per alcuni anni ho fatto esperienza nella clinica di Verona. Avrei potuto accedere alla scuola di specializzazione, ma dopo l’università mi premeva confrontarmi con i problemi reali della gente. Così ho cominciato a fare il volontario in guardie mediche e nella casa di riposo Baratto di Schio: la specializzazione in geriatria è stata la conseguenza naturale di questo percorso. Sono poi stato assunto dall’ospedale di Schio dove sono rimasto fino al 1987 quando ho partecipato ad un concorso, iniziando a lavorare a Marostica».

Qui trova una realtà diversa rispetto a Schio: un piccolo ospedale con alcuni reparti e un pronto soccorso.

«L’esperienza di quei cinque anni fu una delle più belle da un punto di vista della mia formazione professionale perché dovevo curare anche patologie differenti da quelle geriatriche».

Nel 1992 un nuovo cambiamento lo porta al San Bortolo di Vicenza in un altro contesto ancora: un grande ospedale in ambiente cittadino.

«Nel 2010 il primario di geriatria mi chiese la disponibilità a lavorare nel territorio, così sono diventato direttore delle cure primarie presso il distretto sud-est di Noventa Vicentina, dove gestivo l’assistenza domiciliare integrata-ADI. Lì vedi l’altra faccia della medaglia, quella dell’assistenza domiciliare. Mi sono trovato in una realtà periferica molto diversa anche dal punto di vista del tessuto sociale, con le vecchie famiglie patriarcali che seguono direttamente i loro anziani».

Dal 2013 lavora prima a Vicenza e poi a Sandrigo.

«In questi quarant’anni è cambiato il ruolo della donna, sono cambiate le famiglie e la società; i coniugi lavorano entrambi e quindi l’assistenza agli anziani è diventata più complessa e il geriatra deve sviluppare un’esperienza a 360°. Ora l’ospedale è solo per le fasi acute, per il resto la famiglia può contare sull’assistenza territoriale come ADI e case di riposo. La ricetta del successo non è mai sulle spalle di una sola persona, ma di tutta l’equipe e delle realtà del territorio. Inoltre è fondamentale la conoscenza dei propri diritti da parte degli utenti: come ottenere il riconoscimento dell’invalidità civile, i contributi per l’assistenza in famiglia, l’inserimento in casa di riposo».

Ci racconta poi di quando era al Baratto di Schio: si era guadagnato la fiducia di un’anziana signora in carrozzina che gli dimostrava il suo affetto regalandogli le calze di lana che conserva ancora come ricordo. Al pronto soccorso di Marostica, invece, c’era questa consuetudine: l’ultimo arrivato doveva fare la notte dell’ultimo dell’anno e tutti sanno che, in un pronto soccorso, è una notte molto tosta.

«In tutto questo la famiglia ti dà l’affetto e il supporto necessari a portare avanti l’impegnativa carriera di medico. Abbiamo avuto 3 figli in 6 anni, ed io ho potuto dedicarmi completamente alla mia professione con serenità perché sapevo che a casa c’era Sandra che accudiva i figli. Lei mi ha aiutato creando un ambiente accogliente: due ingranaggi che lavoravano in maniera complementare. Quando non ero impegnato con il lavoro andavamo via, abbiamo comprato la roulotte e poi il camper. Girare il mondo, conoscere realtà e culture diverse, ti fa sentire cittadino del mondo. Adesso che sono in pensione comincia un nuovo capitolo della vita in cui bisogna riorganizzare il proprio tempo affinché non sia mai un tempo vuoto. È importante coltivare passioni che già c’erano in precedenza. Ho in mente hobby tradizionali, continuare la mia formazione medica, leggere, dedicarmi ai due nipotini, girare il mondo, approfondire la conoscenza della lingua inglese, sperando di poter godere sempre di buona salute».

Articolo pubblicato nel settimanale Schio & Thiene Week del 12.05.2018

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.