La Festa di Aid al-Kabir (la Festa del Sacrificio, nella quale ricordiamo che Abramo era disposto a sacrificare a Dio il figlio Isacco), è un buon periodo per un commerciante e così noi compriamo sempre tante stoffe per quell’occasione. Ma quell’anno ci sono stati problemi con la dogana, mancavano documenti e il tempo è passato ed è passata anche la festa e noi ci siamo ritrovati tutte le stoffe invendute in negozio e senza soldi.
Allora i miei parenti mi hanno dato i soldi necessari e io ho deciso di partire per l’Italia. Volevo fermarmi cinque mesi a raccogliere pomodori a Foggia. All’arrivo sono andato a Bergamo dai miei amici, sono rimasto con loro per un mese poi mi sono informato su come andare a Lucera, in provincia di Foggia. Là ho imparato tante cose, anche a usare il muletto. L’anziano che ci dava il lavoro aveva un muletto e anche un trattore. Io finivo di lavorare alle 6 e stavo lì a guardarlo usare il muletto e il trattore. Un giorno gli ho chiesto di farmelo provare, perché volevo aiutarlo, perché ero dispiaciuto che lui, così anziano, lavorasse fino a notte. Così ho provato e da allora stavo ad aiutarlo fino a tardi.
Alla fine della stagione ho provato a vendemmiare, ma non mi piaceva, così sono andato prima a Roma e poi a Rossano Calabro. Lì ho fatto la raccolta dei mandarini. Poi sono tornato a Roma a lavorare sette mesi, poi sono andato a Catania e ci sono rimasto fino al 1996. Nel 1996 ho anche fatto la sanatoria, io non ho mai avuto problemi per il permesso.
Poi ho cercato un lavoro su, in Veneto.
Non sono pentito di essermi fermato in Italia. Sai? Fin da piccolo il mio sogno è stato quello di andare in un paese sconosciuto per imparare tante cose. E non per stare sempre in un posto, ma per cambiare. Sai quanto è difficile raccogliere i pomodori? E l’uva? Sai che fatica?
Non sono dispiaciuto di quello che ho fatto perché ho guadagnato tanto. Non soldi, ma esperienza, mi ha permesso di conoscere cose che nel mio paese non ci sono. Quando stavo in Senegal non ho avuto occasione di spostarmi, di andare in posti lontani e conoscere altra gente. Così quando sono arrivato in Italia ho conosciuto tanta gente diversa, tante culture. Mi è servito davvero molto venire qui.
Non so se gli altri hanno guadagnato qualcosa conoscendo me, ma io, conoscendo loro, sì. Ho guadagnato moltissimo e ne sono felice. Può essere che mi vedano male, perché sono povero o perché sono venuto da lontano, ma io non vedo mai il male negli altri, vedo solo la loro parte buona.
Quello che per me è più bello è che ho lavorato insieme alla gente; ho un rapporto bellissimo con i datori di lavoro e i colleghi, mi invitano ancora da loro, anche quelli di Rossano Calabro.
Sai cosa ho visto qua? Da noi ci sono tanti ricchi – qui a Lucera il datore di lavoro lavorava fino alle 10 di sera, io fino alle 6. Ma da noi, in Senegal, un ricco non lavora, fa lavorare gli altri.
Quando ero piccolo mio papà mi ha insegnato che “dove vado devo studiare”, non solo a tavolino, ma le persone: come sono, come vivono, come camminano. Così io, fin da piccolo, non ho mai smesso di studiare, studio e metto tutto in memoria. Ci sono tantissimi libri dentro di me.
Quando sono arrivato a Vicenza, nel 1996, ho trovato lavoro in una ditta per un anno; poi ho cambiato e adesso sono 12 anni che sono nella stessa ditta. Dal 2001 sono anche responsabile di reparto.
Siccome guardo solo alle cose belle e a quelle che mi possono servire per il futuro, quando sono arrivato a Vicenza non ho fatto caso alle differenze rispetto a Roma, alle cose negative, che di sicuro ci sono state.
Nel 2001 ho anche ottenuto la carta di soggiorno e nel 2002 ho fatto il ricongiungimento familiare per mia moglie. All’inizio è stato un po’ difficile, ma un po’ alla volta si è ambientata. Mia moglie è tornata da poco dal Senegal, ma io quest’estate non ci posso andare perché ho pochi giorni di ferie. Così devo aspettare novembre, e non mi piace stare qui nel periodo delle ferie: vorrei essere in Senegal, con i miei familiari.
Qui abbiamo un’associazione che garantisce le persone in difficoltà, per esempio, quando muore uno di noi, pensiamo a tutto e lo portiamo a casa.
Noi ci aiutiamo, quando uno si sente solo gli diamo il coraggio di andare avanti.
È difficile migrare, si pensa alla lontananza dai familiari e dal paese. Per esempio, se sai che a casa tuo padre deve andare all’ospedale e tu non lo puoi accompagnare, perché sei qui, soffri. E se finché sei qui qualcuno ti dice: “Vattene, torna al tuo paese” tu soffri ancora di più. È dolore che si aggiunge al dolore che avevi già, e questo ti fa stare ancora più male.
Allora noi diciamo alla persona di non guardare questo, ma di andare avanti. È solo un esempio, sono tante le occasioni. E poi stando insieme si dimentica la frase cattiva. Fra di noi ci sono persone che non sopportano di sentirsi dire certe parole, ma nella vita c’è di tutto, il buono e il cattivo, e bisogna accettarlo.
Potrebbero interessarti
Iscriviti alla Newsletter!
Articoli più letti
Pagine
Siamo storie
Di storia nella storia.
Angoli o centri
Di trama e ordito
Del tessuto del mondo.
Nicchie ricavate
In intrecci di eventi.
Noi siamo nella storia,
noi siamo la storia.
G. Ghermandi
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!