Sui diritti delle donne iraniane

diritti donne iraniane

Non ho voluto unirmi alle sorelle occidentali che sono andate a Teheran per aiutare le sorelle iraniane a difendere i loro diritti. Sono partite animate dalle migliori intenzioni del mondo cristiano, senza sapere che le migliori intenzioni del mondo islamico di cristiano non hanno proprio niente. Hanno parlato in nome delle loro sorelle oppresse, e per dirla in parole povere non hanno combinato un tubo.

L’immagine della donna moresca che cammina, carica di fagotti, accanto all’uomo sonnacchioso a cavalcioni dell’asino è un’immagine odiosa, semplicemente odiosa. Ma è una donna che l’Occidente non conosce, come del resto non conosce quell’uomo, quell’asino e perfino quei fagotti. In effetti, l’immagine in questione ha un significato diverso da quello che le viene assegnato, e il volerla distruggere con lacrime occidentali, lacrime delle donne incluse, è una topica grossolana, anzi un abuso di potere. “Bisogna lasciare che siano le donne arabe a posare i fagotti e a dire – Io non cammino più – “. Le ragioni della loro rivolta lasceranno sicuramente stupefatti, come stupisce il comportamento del popolo iraniano e dei suoi capi.

L’Occidente è un colono che ha perduto le sue terre, ma questo non gli’impedisce di conservare la mentalità del colono. Un colono è qualcuno che si esilia in terra straniera per coltivarla a vantaggio proprio e a profitto del suo paese. Non è un atto gratuito, il suo. Lavora duro, servendosi del suo ideale nazionalistico come di un manganello. Il colono vuole arricchirsi al miglior prezzo, e agisce senza vergogna perché si sente superiore e pertanto non dubita del suo buon diritto. La sua morale è la migliore, il suo ritmo è il migliore, migliori sono le sue leggi, i suoi regimi, la sua religione, le sue regole di vita. quindi, imponendo tutto questo non fa che agire per il meglio. Ne è persuaso, non agisce assolutamente in malafede. se gli capita di dubitare, non è di se stesso e di quello che rappresenta: dubita del metodo che ha utilizzato per imporsi.

marie-cardinal, diritti Avere cinquant’anni, esser nata da una famiglia di coloni, vivere adesso in Francia e per soprammercato essere donna, non è uno scherzo. Ho veduto crollare degli imperi, ne vedo sorgere altri, e getto sul potere uno sguardo atterrito. Quanta vanità! “Com’è idiota il potere! Non ha un’oncia di umiltà. Di tanto in tanto dovrebbe fare il cuscus“, o il bollito se preferisce. Coglierebbe l’alternanza delle lentezze e delle trepidazioni della natura, assisterebbe ai prodromi di alleanze imprescindibili o di guerre inevitabili. Scoprirebbe il rispetto, la fiducia, la temperanza; tenderebbe l’orecchio all’altrove, all’altrui, al diverso, a chi dispone di una vita propria e non tollera di essere manipolato in nessun modo, non importa come.
Il potere non dovrebbe ignorare che in teatro, ai suoi spettacoli non assistono soltanto gli spettatori. altra gente li vede dalle quinte, e dalle quinte l’effetto è diverso. conosco le due diverse ubicazioni perché sono una figlia di coloni, e perché sono donna. Chiedere l’opinione di chi sta fra le quinte sarebbe una buona idea. Fidarsi solamente dei fischi o degli applausi del pubblico al quale lo spettacolo è dedicato, non è certo la scelta più accorta. Sono in tanti, fra le quinte, e senza di loro non sarebbe possibile montare uno spettacolo, uno qualunque… Ma non ci siamo ancora arrivati. Credo che, per scoprire l’umiltà, sia necessario attendere l’umiliazione. Per gente evoluta come quella che detiene il nostro potere, è davvero un peccato.

Mi ritorna la collera. La guerra d’Algeria non riuscirò mai a mandarla giù. Né quella gestita dalla francia, né quella condotta dai pied-noirs. E stata guerra infame, degradante, imbecille.
E dolorosa… dolorosa…
Terra, mia terra madre mia e mia genitrice, in che modo spregevole e abietto ti ho perduta.

Marie Cardinal