Trattati italo-libici

Italia partner Libia, revisione trattati italo-libici

Che dire? Alcuni giorni fa qualcuno ha parlato di tentato omicidio a proposito del lancio di un fumogeno (oggetto che fa fumo). I libici, invece, hanno sparato a pescatori inermi, da una motovedetta che l’Italia ha donato loro; i nostri ministri si sono accontenti di generiche scuse, sostenendo che si è trattato di un errore, in quanto i libici pensavano trattarsi di immigrati irregolari…

Ancora più grave scoprire che a bordo c’erano sei finanzieri italiani, a bordo perché previsto dall’accordo italo-libico (la presenza dei finanzieri nelle motovedette ha, per l’Italia, un costo annuo di 16 milioni di euro!!!) e impossibilitati ad agire, anzi, trattati di libici con disprezzo.
E se quei 16 milioni di euro li destinassimo a chi fugge dalla guerra o muore di fame, anziché costringere i finanzieri ad assistere impotenti alle malefatte dei libici?
C’è comunque l’obiezione di coscienza, tanto invocata in caso di aborto ed eutanasia. E magari qualcuno potrebbe leggersi: “L’obbedienza non è più una virtù” di don Milani.
Ecco comunque il comunicato stampa dell’ASGI:

Sconcerto per le dichiarazioni del ministro Maroni: necessità di rivedere gli accordi italo-libici riconducendoli nel solco del diritto internazionale e comunitario

Il gravissimo attacco della motovedetta italo-libica ai pescatori siciliani che lavoravano in acque internazionali e le notizie certe sulla partecipazione di sei militari della guardia di finanza, a bordo dell’unità battente bandiera libica durante questa ennesima operazione di pattugliamento congiunto, costituiscono la prova incontestabile che la presenza dei militari italiani sulle unità donate alla Libia non si limita alla formazione ( che avrebbe dovuto peraltro esaurirsi nei primi sei mesi di attuazione degli accordi)
Assolutamente sconcertanti e irricevibili risultano essere le dichiarazioni del Ministro dell’Interno Maroni che ha ritenuto di giustificare in qualche modo quanto accaduto sostenendo che “ Immagino che abbiano scambiato il peschereccio per una nave che trasportava clandestini “ come se fosse possibile, sul piano etico e giuridico, che un’imbarcazione il cui equipaggio è composto altresì da pubblici ufficiali della Repubblica possano sparare contro una imbarcazione che trasporta dei migranti.
Come ieri il governo italiano non poteva essere assolto per i respingimenti collettivi, oggi chi ha consentito a qualsiasi titolo che si aprisse il fuoco contro marinai dediti alla pesca va condannato perché ha posto in essere, o ha concorso a porre in essere una attività illegale che non può essere prevista da alcun trattato. Aprire il fuoco su un mezzo che pesca costituisce un illecito internazionale ed un fatto penalmente rilevante sul piano del diritto interno. Non si tratta di un errore e le scuse servono solo a confondere le responsabilità.
L’ASGI chiede di sapere quante volte unità militari con a bordo militari italiani hanno aperto il fuoco o comunque usato violenza contro cittadini stranieri che si trovavano su imbarcazioni di fortuna intercettate nel mare Mediterraneo e quale è stato l’esito di dette operazioni.
L’ASGI auspica che l’inchiesta aperta dalla Procura di Agrigento, nella quale si ipotizza il reato di tentato omicidio plurimo aggravato a carico di ignoti possa portare a chiarire quanto prima la dinamica degli eventi e accertare le responsabilità.
L’ASGI ritiene che sia urgentissima una profonda revisione del Trattato di amicizia italo-libica sospendendo detti accordi fino a quando la Libia non avrà garantito il rispetto del diritto d’asilo e dei diritti fondamentali della persona e comunque introducendo procedure stringenti di controllo affinché tutte le operazioni che riguardano operazioni di intercettazione e controllo in mare aperto avvengano nel pieno rispetto del diritto internazionale e comunitario.
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